lunedì 1 ottobre 2018

Le usanze dei primi cristiani

Risultati immagini per apologia tertullianoUn piccolo spunto dagli scritti di Tertulliano "l'Apologetico" sulle prime riunioni e usi cristiani. Come scrivono i detrattori "una impetuosa difesa in nome della libertà di coscienza, sia contro i delitti manifesti imputati ai cristiani, sia contro i cosiddetti crimina occulta, come incesti, infanticidi e altre depravazioni morali pagane"


In breve, queste piccole comunità erano molto unite, legate da sincero amore e buoni principi che li portavano a condividere pasti distribuendo cibo e buone opere con i bisognosi. Durante queste riunioni leggevano le scritture, pregavano, cantavano e conversavano incoraggiandosi l'un l'altro. Si astenevano dai divertimenti comuni ai romani che spesso erano violenti, smodati nel mangiare e nel bere e finivano in orge.



Mettevano le loro risorse in comune, avevano una cassa con contribuzioni volontarie per i bisognosi, si chiamavano fratelli avendo lo stesso padre spirituale. C'era una forma di disciplina per chi non camminava nella via che veniva escluso dalla condivisione spirituale e dai pasti in comunione.

Anche se Tertulliano non apparteneva ai cristiani del primo secolo era abbastanza vicino da descrivere una comunità piuttosto primitiva.

(Commento di Tommaso)
Sarebbe bello tornare alla semplicità delle origini, tuttavia almeno trarne un lezione che potrebbe migliorarci, si può fare!
È interessante come inattivo.info abbia pubblicato in questi giorni un articolo intitolato: "Cari fratelli e sorelle, la messa è finita, andate in pace… e poi spariscono"
L'articolo affronta il problema del calo di fedeli e la preoccupazione crescente dei responsabili delle varie comunità religiose, vi sono dei punti importanti che possiamo cogliere da questa indagine?
• Quando la religione diventa formale.
• Quando l’insegnamento è inefficace, povero di idee, spesso ripetitivo.
• Quando non si da visibilità ai giovani coinvolgendoli con proposte interessanti e fattibili.
• Quando i fedeli notano che ci sono scarse prospettive di miglioramento perché mancano le risposte soddisfacenti e pratiche alle domande di spiritualità che si pongono se ne vanno.
• Quando la maggioranza dei fedeli è esclusa dalle decisioni importanti e lasciare la responsabilità per farlo nelle mani di pochi.
• Quando la nomina a sorvegliante delle congregazioni non è una benemerenza, un titolo accademico, ma un servizio a beneficio degli altri.
• Quando una religione che non cammina a passo coi tempi, abituata a fare ogni cosa per abitudine o per tradizione non ha futuro.
• Andare in chiesa non è una regola ma un bisogno.

Qui il link e la parte interessata dal post:

https://digilander.libero.it/domingo7/Apologetico.htm

CAPO 39 -- Di che genere sono le riunioni e le attivittà dei Cristiani: preghiere, lettura della Santa Scrittura, giudizi, contribuzione volontaria per aiutare i bisognosi, atti di amore fraterno, pasti innocenti in comune.

[1] Ed ora esporrò io stesso l’attività della fazione cristiana, affinché, dopo averne confutato quella trista, ne dimostri quella buona. Siamo una corporazione, che ha per base la consapevolezza di una religione comune e l’unità di una disciplina comune e il patto di una speranza comune. 

[2] Ci raccogliamo in adunanze e riunioni, per circondare, pregando, Dio con le suppliche, come con un manipolo serrato. Questa violenza è a Dio gradita. Preghiamo anche per gl’imperatori, per i loro ministri e magistrati, per la stabilità del mondo, per la tranquillità della vita, per la dilazione della fine. 

[3] Ci raccogliamo per la lettura della Scrittura divina, se qualche caratteristica del tempo presente a preannunziare c’induce un fatto o a riconoscerne il compimento. Almeno con le parole sante la fede nutriamo, la speranza confortiamo, la fiducia consolidiamo, serriamo la disciplina non foss’altro inculcandone i precetti. Ivi stesso anche hanno luogo esortazioni, correzioni e punizioni in nome di Dio. 

[4] E invero vi si giudica con grande ponderatezza, come tra persone che di trovarsi sono certe al cospetto di Dio; ed è una ben grave anticipazione del giudizio futuro, se uno colpevole siasi reso al punto da essere dalla comunione della preghiera allontanato e delle riunioni e di ogni santa relazione. Presiedono i più anziani, tutti approvati, che codesta carica non pagando hanno conseguito, ma testimonianza rendendo: ché nessuna cosa di Dio costa danaro. 

[5] Anche se c’è una specie di cassa, il danaro che vi si raccoglie non da contributi onorari deriva, quasi prezzo d’acquisto della carica religiosa. Ognuno versa una monetuzza in un giorno del mese, o quando vuole e soltanto se vuole e soltanto se può. Ché nessuno vi è costretto, ma il contributo è spontaneo. Sono questi, per così dire, i depositi della pietà. 

[6] E invero non per provvedere a banchetti vi si attinge, né a bicchierate, né a gozzoviglie oltre il desiderio spinte: ma per nutrire i poveri e seppellirli, per nutrire i fanciulli e le fanciulle rimasti privi di mezzi e di genitori, anche i servitori vecchi e, del pari, i naufraghi e quelli che, nelle miniere condannati o nelle isole o nelle prigioni soltanto per appartenere alla setta di Dio, pupilli diventano della religione da loro confessata. 

[7] Ma è particolarmente la pratica di una dilezione di tal genere che fra certa gente il noto biasimo ci procura. ‘Vedi - dicono - come si amano tra loro (essi, infatti, fra loro si odiano), e come sono pronti a morire l’uno per l’altro (essi, infatti, ad ammazzarsi tra loro sono più pronti)’. 

[8] Ma anche per il fatto che ci chiamiamo fratelli, non per altro motivo, penso, perdono la testa, se non perché tra di essi ogni termine di consanguineità, quanto all’affetto è una finzione. Inoltre anche fratelli vostri siamo noi, per legge di natura, unica madre, se pur voi siete troppo poco uomini, perché tristi fratelli. 

[9] Ma quanto più degnamente fratelli si dicono e si ritengono coloro, che un unico Dio hanno come padre riconosciuto, che a un unico spirito di santità si sono abbeverati, che da un unico grembo della medesima ignoranza, con un pauroso stupore, a un’unica luce emersero di verità. 

[10] Ma forse per questo siamo fratelli meno legittimi ritenuti, perché nessuna tragedia su l’argomento della nostra fraternità declama, o perché fratelli siamo quanto alle sostanze familiari, che tra di voi di solito i fratelli dividono. 

[11] Perciò noi, che siamo nell’animo e nella vita uniti, a mettere in comune le sostanze non esitiamo. Tutto è tra noi indiviso, tranne le mogli. 

[12] In codesto punto sciogliamo la comunanza, nel quale soltanto gli altri uomini la comunanza praticano, essi che, non solo le mogli degli amici si appropriano, ma anche le proprie con tutta sopportazione a disposizione di quelli mettono: in conformità, credo, a quella disciplina dei maggiori e de’ più grandi filosofi, del greco Socrate e del romano Catone, che le proprie mogli in comune misero con gli amici, le quali avevano essi sposate per mettere al mondo figli anche in casa altrui. 

[13] E forse non contro il volere di queste. Che preoccupazione, infatti, potevano esse avere della loro castità, della quale i mariti avevano così facilmente fatto dono ad altri? O esempio di attica saggezza, di romana gravità! Un filosofo e un censore diventano mezzani. 

[14] Qual meraviglia, pertanto, se un tanto amore col mangiare insieme si esprime? Ché anche i nostri poveri pranzi, oltre che per infami delitti, voi anche per le loro prodigalità condannate. Si capisce: a noi si riferisce il detto di Diogene: “I Megaresi banchettano come se dovessero morir domani, e invece costruiscono, come se non dovessero morire mai “. Sennonché ognuno più facilmente la pagliuzza vede nell’occhio altrui, che la trave nel proprio. 

[15] In seguito ai rutti di tante tribù e curie e decurie l’aria si corrompe; quando i Salii devono un pranzo celebrare, sarà necessario un creditore; le spese per le decime di Ercole e i relativi banchetti calcolarle dovranno dei computisti; per le Apaturie, le feste dionisiache, i misteri attici una leva s’indice di cuochi; al fumo del banchetto in onore di Serapide dovranno essere messi in allarme i pompieri: solo intorno al pasto dei Cristiani si trova a ridire. 

[16] Il nostro pranzo rende ragione di sè dal suo nome: si chiama con un termine, che in greco vale ‘amore’. Per quanto grandi siano le spese che costa, è guadagno fare una spesa in nome della pietà, ché tutti i bisognosi aiutiamo con questo ristoro; non al modo con cui tra voi i parasiti alla gloria aspirano di asservire la loro libertà, a condizione di rimpinzarsi la pancia sotto gl’insulti; ma al modo che davanti a Dio è maggiore il riguardo per gli umili. 

[17] Se onesto è del banchetto il motivo, dal motivo il rimanente ordine apprezzate che lo disciplina. Derivando da un dovere religioso, nessuna bassezza ammette, nessuna intemperanza. Non ci si siede a tavola prima di pregustare una preghiera a Dio; si mangia quanto la fame ne cape; si beve quanto a persona sobria è utile. 

[18] Così ci si sazia, come persone che di dover adorare Dio si ricordano anche durante la notte; così si conversa, come chi sa che il Signore le ascolta. Dopo data l’acqua alle mani e accesi i lumi, secondo che uno si sente di farlo, a cantare qualche cosa in onore di Dio è invitato nel mezzo, attingendola dalla Scrittura santa o dal proprio ingegno: di qui in qual misura ha bevuto si ha la prova. Ugualmente una preghiera i convitati discioglie. 

[19] Di là ci si diparte non per costituire caterve di assassini, né schiere di vagabondi, né per abbandonarci alla sfrenatezza, ma per continuare la stessa cura della modestia e della pudicizia, come quelli che hanno pranzato non tanto un pranzo, quanto un insegnamento. Codesta adunata di Cristiani è certo meritamente illecita, se è pari alle cose illecite; meritamente da condannarsi, se ci si lagna di essa allo stesso titolo che delle conventicole. 

[20] Per la rovina di chi ci aduniamo qualche volta? Adunati quello stesso siamo che separati; tutti insieme quello stesso che singoli, nessuno offendendo, nessuno contristando. Quando persone si adunano oneste, buone, quando persone si riuniscono pie, caste, non è il caso di parlare di fazione, ma di assemblea.

Tertulliano L'apologetico


Post scritto a quattro mani con Tommaso, (Grazie!)



3 commenti:

  1. Davvero complimenti a Barnaba e Tommaso. Verrebbe da dire "Il cristianesimo che vorrei"... E purtroppo la constatazione è che i "veri cristiani" (cosi il CD ama definirci) sono lontani da quel modello.

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  2. Purtroppo è una storia che si ripete, piccoli gruppi cercano di ritornare al cristianesimo primitivo, ma, passata la prima generazione subentra la degenerazione. Alcuni punti che si ripetono sono: un clero al comando del gregge, la sete di potere, la sete di denaro, mettere l'istituzione religiosa al di sopra dei fedeli.
    Ecco perché più che cercare di riformare un carrozzone religioso dovremmo cercare di riformare noi stessi.

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  3. Barnaba mi fai venire in mente una ricerca che feci diversi anni fa, in quel periodo ero un po’ depresso, e forse allora i primi semi della consapevolezza cominciavano a germogliare.
    Sono andato a cercare nel mio pc quella ricerca, cito solo qualche brano:

    “Ecco che entra in gioco la consapevolezza. Potremmo controllare le cose di cui siamo consapevoli, quelle di cui non siamo consapevoli controllano noi. Quando se ne prende coscienza permettiamo alla realtà di cambiarci, con morbidezza, gentilezza, apertura, flessibilità, non si deve esercitare nessuna pressione. Il cambiamento si verifica da solo, la consapevolezza porta al cambiamento. Le idee distorte vengono eliminate strato dopo strato e si viene in contatto con i fatti. Comprenderemo che la vita non è difficile, siamo noi che la rendiamo tale con i nostri condizionamenti, vedendo le cose non come sono ma come noi siamo (Tito 1:15).
    L’unico male che esiste nel mondo è l’incoscienza, cioè l’incapacità, l’ignoranza o il fallimento, di vedere la vita come realmente è, di capire le persone come sono e di accettarle senza paura. Solo allora può nascere l’amore!
    Cambiare le circostanze esterne, - cercando di cambiare il nostro coniuge, il nostro capo, i nostri amici, i nostri nemici e tutti gli altri - sciupiamo soltanto le nostre energie e il nostro tempo.
    Bisogna capire che quando noi cambiamo, tutto cambia!”

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Grazie per il commento.