venerdì 30 marzo 2018

Il recinto


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Sentiamo spesso parlare di giovani ereditieri che attraverso le condizioni economiche del contesto famigliare hanno l’opportunità di non preoccuparsi delle necessità primarie che potrebbero mettere a repentaglio la propria esistenza.

Converrete con me che le necessità umane non sono solo quelle materiali ma anche quelle spirituali. Nella scrittura del giorno del 17 Marzo 2018 e in particolare nel commento, l’organizzazione mette in evidenza un punto che coinvolge direttamente un particolare gruppo di persone. Sono quelli che ricevono incarichi di servizio che in gergo vengono definiti “i nominati”. Fra questi ce ne sono alcuni che hanno un particolare privilegio ed è quello dell’insegnamento ( Tito 1:9 1 Tim 3:1,7). Queste persone hanno la possibilità attraverso parti preparate di poter insegnare pubblicamente da un podio. Il commento svela una trappola in cui possono incorrere tutti i nominati ed evidentemente lo stesso fratello che ha scritto il passaggio. Il passaggio che considereremo è questo

“Bisogna ammettere che, quando ci prepariamo per il ministero, per le adunanze o per un discorso, non ci soffermiamo necessariamente sul significato che quelle informazioni potrebbero avere per noi”

A questa considerazione fa seguito un esempio molto pertinente del cuoco e della sua alimentazione il commento prosegue.

“Facciamo un esempio: un cuoco deve assaggiare i piatti che prepara per gli altri, ma non può certo vivere di questi assaggi! Se vuole mantenersi in salute, deve anche preparare pasti nutrienti per sé stesso”

Questo è in effetti quello che è accaduto in molti casi (anche al sottoscritto) per ammissione stessa di questi fratelli. Molti nominati smettono di nutrirsi perché scambiano l’insegnamento agli altri per studio personale. Questo inganno li porta a lungo andare ad affrontare un problema spirituale molto insidioso. Hai la sensazione di sentirti svuotato? Quando sei sul podio ti stai chiedendo se i fratelli comprendono davvero quello dici o ti ascoltano solo perchè sanno già cosa hai da dire loro? L’organizzazione teocratica non prevede che i discorsi dal podio vengano fatti lasciando all'oratore la completa libertà di pensiero. Viene sempre effettuato un continuo controllo qualitativo dei discorsi che regolamenta le cose che vengono dette. Questa non è una cosa sbagliata, fintanto che diciamo cose coerenti con l'organizzazione, il problema nasce quando gli argomenti collidono con la propria libertà di coscienza. Una delle prerogative che viene richiesta è l’aderenza allo schema, così molti oratori non si pongono il problema dell’incoerenza e ubbidiscono all’incarico che gli è stato dato illudendosi di delegare le responsabilità allo schema. Il libero pensiero quindi è solo parzialmente plausibile, sicuramente deve rimanere all’interno di un recinto definito. Per onestà dobbiamo dire che è peraltro dichiarato, tutti sanno cosa si deve dire e cosa non si deve dire, nessuno ha dubbi in proposito. Il libero pensiero per queste persone si svela come un concetto relativo. Gli scorrazzamenti fuori dal recinto non sono tollerati, ma in genere si chiude un occhio la dove il fratello non abbia incarichi di rilievo. Ma quando il fratello ha accettato incarichi importanti e di un certo “calibro” le cose cambiano.

Il recinto che gli viene dato non è il solito della fratellanza ma si restringe diventando molto più piccolo e stretto. Spesso questi fratelli non percepiscono questa differenza e pensano che il recinto sia invece uguale per tutti così in alcuni casi la vessazione che l’incarico gli ha dato la scaricano sulla fratellanza. (ricordate qualche CO piuttosto brillante alle adunanze degli anziani?). Per questo fratello i margini delle opinioni personali vengono sempre più annullati e l’organizzazione assume sempre più il suo controllo. Per fare un esempio se sei un CO non puoi salire sul podio e sostenere che l’abito in tinta unita non sia un requisito teocratico, prima o poi verrai redarguito. 

Ma ritorniamo all’esempio citato nella scrittura del giorno. C’è un problema che coinvolge molti della fratellanza e in particolare i nominati che smettono di nutrirsi spiritualmente. Gli effetti di questa situazione e l’inedia spirituale che possiamo riconoscere nella qualità delle parti che vengono svolte. Succede spesso che questo fratello smettendo di nutrirsi della parola di Dio si alimenta solo delle espressioni che provengono dall’organizzazione. Per fare un paragone è un po’ come vivere solo di integratori. Così il fratello va avanti con le risorse della eredità spirituale, acquisita negli anni precedenti oppure attraverso iniettata da famiglie corpose che creano entourage teocratici autoreggenti. Ci sono sorveglianti fidelizzati che ricordano a memoria le circolari degli ultimi 10 anni. Questi fratelli senza rendersene conto si nutrono di questi alimenti poco nutritivi: circolari, lettere private fra nominati, adunanze per gli anziani, parti all'assemblea. Tutte hanno l’effetto di rendere il fratello molto vivo e vivido all'esterno ma ahimè spiritualmente morto all'interno. Attenzione, questi fratelli sono molto reattivi, conoscono le scritture e sono molto dediti all'organizzazione, non è facile riconoscerli.

Ad esempio, la recente Torre di Guardia ha parlato delle contribuzioni. Il commento chiave, che doveva spiegare dove finiscono le contribuzioni, quale è stato? L’organizzazione verifica che tutte le spese sono effettuate per l’opera del regno. Ammesso che sia vero ma come mai il fratellone responsabile all’assemblea quando fa il resoconto finanziario ci dice sempre cose insensate che non si capiscono? I dubbi che lascia sono molti di più di quelli che vorrebbe risolvere e per chi è anziano i dubbi aumentano quando partecipa a quelle adunanzine dove si richiede il coercitivo consenso per alzata di mano per dei soldi che non si capisce da dove vengono e dove vanno.

Di chi è la colpa?

Ritorniamo al nostro commento nella scrittura del giorno, come abbiamo notato dai commenti accennati sopra, anche in questo caso la colpa viene scaricata sul fratello. Ad essere onesti non è molto corretto questo approccio, sarebbe meglio che ci fosse una generale onestà nel dire le cose come stanno coinvolgendo un po' tutti i protagonisti di questo grande teatrino. Purtroppo pare non sia una cosa che sia affrontabile nel nostro tempo, dalla mia generazione. Questo problema ovviamente coinvolge la fratellanza che sta più in alto come i CDF nazionali che però sono ancora più paralizzati di tutti. Molta fratellanza non essendo in grado di gestire questo disallineamento è costretta a fare un passo indietro. A ben vedere questa organizzazione non prevede passi indietro e così il fratello (e personalmente ne conosco tanti) viene preso e buttato in un limbo teocratico senza incarichi e senza poter più avere voce in capitolo.

Un suggerimento

Diciamo che lo sconforto potrebbe prendere il sopravvento perché magari questo fratello è anche convinto che è nella verità e non vuole lasciare la fratellanza. Se questo fosse il tuo caso in questo momento non farti il problema immediato di lasciare o meno la teocrazia. Cerca di focalizzare i problemi magari con qualche incarico in meno, prenditi il tempo tempo per rinsaldare la fede nel Cristo e nel suo insegnamento. Utilizzalo per fare uno studio personale consapevole coinvolgendo anche tua moglie e la tua famiglia. Non abbracciare idee alternative che magari leggi in forum o blog come questi con troppa facilità e velocità. Fai attenzione perchè alcuni aspetti della verità potrebbero davvero stupirti e darti le vertigini per quanto sono scioccanti. Qui è in gioco la tua di vita e non la nostra, studia profondamente le sacre scritture ci vorrà un po’ di tempo e costerà fatica. Ma alla fine siamo sicuri che Geova di ridarà la vita spirituale che avevi perduto e troverà la via giusta anche per te, sicuramente fuori da tutti i recinti mentali (e non) di questo sistema.

mercoledì 28 marzo 2018

O Miracolo


Prendo spunto da una notizia di attualità che ha visto protagonista una congregazione vicina al capoluogo partenopeo assaltata da un piccolo commando di persone evidentemente molto disperate è in affanno.
Una delle regole di assalto e rapina è quella di evitare come la peste luoghi affollati non solo per l’alta percentuale di fallimento ma anche per la stessa incolumità di chi partecipa . Ma evidentemente questo non ha scoraggiato gli intrepidi malviventi, forse rassicurati dalle accurate indagini sociologiche sul comportamento generale che hanno i testimoni di Geova. In genere è garantito un atteggiamento uniforme piuttosto composto è controllato e questo non è un difetto anzi.
Volevamo in questo post sottolineare però un aspetto opposto che invece coinvolge, molti della fratellanza e che fa parte della propaganda speculativa che in questi decenni è andata avanti rendendo le persone sempre più disallineate dalle caratteristiche spirituali che vengono date alle attività di culto. Le congregazioni intese come sale del regno, anche in questi recenti broadcasting, sono state interpretate come luoghi di rifugio non solo spirituale. In molti fratelli si è innestata l’idea che questi luoghi abbiano qualcosa che trascendente e che vengano considerati sacri e protetti. Alcuni addirittura danno a questi luoghi super poteri in grado di essere inviolabili anche da avversi eventi naturali. Questi luoghi vengono usati come esempi dove chi non va alle adunanze poi muore in qualche discoteca drogato in compagnia di trans.
Purtroppo queste notizie ci danno dimostrazioni là dove non c’è ne fosse ancora bisogno che non esistono luoghi dove un fratello o una sorella può sentirsi protetto da questo sistema di cose. O miracolo non c’è stato. Nemmeno li in quella terra che forse ne avrebbe bisogno più di altre. Anche da un punto di vista scritturale ci sono ampi margini per credere questo.
James Dunn un famosissimo teologo Inglese protestante metodista esperto delle lettere paoline in una recente intervista ci segnala:
«Probabilmente non è necessario far notare che, quando Paolo parla dei credenti corinzi che “si radunano in chiesa” (1Cor 11,18: en te ekklesía) non s’intendeva la “chiesa” come edificio, ma piuttosto come persone che si radunavano per essere chiesa, come chiesa.Considerate le connotazioni che più tardi sono venute ad accompagnarsi a “chiesa” (= “edificio”), potrebbe creare meno confusione usare parole come “adunanza”, “riunione”, “incontro”, “assemblea”
Gesù in una occasione “Poiché dove due o tre persone sono radunate nel mio nome, io sono là in mezzo a loro” (Matteo 18:20) Lo spirito di Dio non è legato a dove avviene il raduno ma a chi vi si raduna. Nei viaggi dell’apostolo Paolo vengono narrati molti incontri con i primi cristiani in alcuni casi anche dove avvenivano (Rom16:23). I luoghi di culto ufficiali come i templi e le sinagoghe erano luoghi di raduno della falsa religione. Quindi? Le adunanze nascevano spontanee nelle domus plebee ed evidentemente erano piccoli raduni.
Quindi visto che i miracoli non fanno parte di questo sistema di cose, ridate alle adunanze il vero valore spirituale che hanno. Ristabilite i valori cristiani di comunione della fede. Nei casi sopracitati attuate piani di emergenza che consentano proteggersi dagli assalti malavitosi. I piani di emergenza non sono le protezioni materiali ma devono essere in primo luogo tutte le misure che rafforzano i vincoli di amore e di interesse personale della fratellanza, delle persone coinvolte e di tutte le congregazioni. Se questo è vero per la congregazione di Acerra nel quale siamo sicuri che i fratelli abbondano di queste qualità, tanto più risulta vero per tutte le altre congregazioni che invece sopravvivono sospinte solo dalla propaganda del rapporto e da interessi che non hanno niente a che vedere con la spiritualità. Così forse questa brutta esperienza di Acerra può diventare uno stimolo concreto per far diventare la nostra spiritualità qualcosa di nuovo e di concreto in questi giorni che diverranno sempre più difficili.
Un abbraccio sentito a tutte le congregazioni.

1914 L’inzio e la fine?

Riporto un interessante commento di Israeli su nuovi intendimenti riguardo al 1914 che sembrerebbe saranno adottati dall'organizzazione:

Ricevo le linee guida di 4 articoli che svilupperanno prossimamente uno studio relativo alla tensione escatologica incentrata sul 1914. non verrà disconosciuto il valore storico di tale anno ma ridimensionerà notevolmente (in positivo) l'incidenza che può avere sulla Fede un calcolo cronologico.
1) Primo articolo: La dottrina del 1914 si può correttamente definire qualcosa di "insegnato dallo Schiavo Fedele e Discreto"? La risposta è No. Ed è no per due motivi. Il primo è che, secondo l'ultimo aggiustamento sullo Schiavo Fedele e Discreto, questa "entità" è comparsa solo nel 1919. Quindi, non si può assumere la responsabilità di quello che è stato scritto prima di quella data. Secondo motivo, come viene scritto nello stesso libro "Proclamatori" a p.60 e p.134, la dottrina del 1914 non era nemmeno di Russel, ma si era limitato a fare una pubblicità enorme alla dottrina del suo collaboratore Nelson H. Barbour. E lui non era nemmeno uno Studente Biblico.

2) Secondo articolo: La dottrina del 1914 si può dire che si sia correttamente adempiuta? Anche in questo caso la risposta è No. Infatti, come riportato nel libro Proclamatori a p. 135, i primi Studenti Biblici (poi chiamati Testimoni di Geova) attendevano la fine di questo sistema per il 2/3 ottobre 1914. Viceversa la Prima Guerra Mondiale scoppiò con molto anticipo rispetto a quella data, il 28 giugno del 1914. Quindi la Prima Guerra Mondiale non poteva essere considerata un adempimento della "profezia" di Barbour, visto che scoppiò oltre tre mesi prima di quanto annunciato da barbour / Russell. Inoltre il 2/3 ottobre del 1914 non accadde nulla di nuovo. Fu un giorno come tutti gli altri. Nessuno andò in cielo, nessun governo crollò, e non venne sulla Terra nessun Regno di Dio.

 3) Terzo articolo: In base all'attuale intendimento dello Schiavo Fedele e Discreto, pubblicato sulla Torre di Guardia nella Domande dei lettori del 15 marzo 2015, Russell e Barbour potevano calcolare la data del 1914 partendo dai sette anni di pazzia del Re Nabucodonosor, e contando un "giorno per un anno" a partire dalla data in cui, secondo i Testimoni di Geova, il Tempio di Salomone era stato distrutto? Anche in questo caso la risposta è: No. Secondo l'ultimo nuovo intendimento dello Schiavo Fedele e Dicreto del 15 marzo 2015, le profezie non si possono applicare a cose non esplicitamente scritte nella Bibbia. Secondo il racconto di Daniele, i sette anni in cui l'albero del sogno di Nabucodonosor veniva legato con dei ceppi di rame e di ferro, venne interpretato e applicato nientemeno che da un "profeta ispirato" mandato da Dio, Daniele. Come applicò Daniele quel sogno? Egli disse che i sette anni in cui il ceppo dell'albero veniva legato rappresentavano sette anni di pazzia di Nabucodonosor. La profezia si adempì, e Nabucodonosor impazzì per sette anni. Ma Daniele non scrisse mai che quella profezia doveva ulteriormente adempiersi su qualcosa di diverso. Quindi Russell e Barbour non erano autorizzati dalle scritture a descrivere un "secondo edempimento" su qualcosa che il profeta Daniele, ispirato da Dio, non aveva nemmeno accennato. In questo caso chi lo ha voluto fare è andato "oltre le scritture". Sicuramente a fin di bene, ma non era autorizzato a farlo.

4) Quarto articolo: Questi tre articoli precedenti vogliono fare capire che la fede dei Testimoni di Geova sul 1914 era sbagliata? (Secondo le linee guida). Ancora una volta la risposta è: NO. Nonostante la profezia sul 1914 non si possa dire che sia stata insegnata dallo Schiavo Fedele e Discreto, nonostante non si possa dire che si sia adempiuta, nonostante Barbour e Russell non fossero stati autorizzati a cambiare l'applicazione della profezia pronunciata da un profeta "ispirato da Dio", Daniele, non si può dire che la fede nel 1914 sia mal riposta. In effetti (sempre secondo le linee guida) dal 1914 sono comparsi i segni preannunciati da Gesù: nazione è sorta contro nazione, regno contro regno, ci sono state penuria di viveri, terremoti e pestilenze 
Per me è solo una VERGOGNA come si cerchi di far quadrare le cose, contraddirsi e rimanere in piedi, ma è un'opinione personale. Ovviamente NON SO se il messaggio è autentico (cioè affidabile) anche se il fratello che me l'ha inviato è una persona seria. Aspettiamo     
Israeli

Riporto anche un commento di Voice:
C’è grande differenza mission ...
Non mi risulta che Newton credesse d’essere ispirato dal signore e incoraggiasse altri a battezzarsi o aderire ad una religione e modellare la propria vita intera in base alle sue profezie...
Comunque , che lo schiavo sia stato identificato nel 1919 e non più nel 14 ( quindi vale a dire disconoscere ufficialmente Russel & c. quale corpo direttivo ) è recente “intendimento”. Ovvio che la sua immagine non compaia più tra i “papabili”...
Se oltremodo ciò che riporta israeli sul 1914 sarà reso ufficiale ...sarà un autogol epocale il cui impatto generale non oso immaginare .
Voterebbe in pratica dire che abbiamo insegnato delle vaccate, (perdonate il termine ) per oltre 100anni... spacciandole per verità bibliche trasmesse da Dio al suo “canale” riconosciuto. 


Se le voci sono vere sembra che finalmente il 1914 sarà accantonato. Un po troppo tardi purtroppo. Quante voci avevano provato ad avvertire dell'errore e sono state tacciate di apostasia con tutte le conseguenze ostracizzanti che sappiamo? Quante altre fedi saranno abbattute adesso dal cambiamento oltretutto fatto scaricando la colpa su Russell, come se per 100 e più anni l'attuale schiavo non avesse sostenuto tale insegnamento? Ma davvero nessuno si farà qualche domanda?

sabato 24 marzo 2018

Una nuova isola

Cari Fratelli 









Purtroppo abbiamo persistenti,  problemi di varia natura che coinvolgono i server dov'è stato installato Osservatore Teocratico. Ufficialmente sono in via di correzione il problema è che non sappiamo quando verranno risolti. Abbiamo convenuto questo spostamento per la fratellanza per quanto possibile in questi giorni ripristineremo i post che sono stati prodotti. Il forum riaprirà a data da destinarsi per il momento useremo questo strumento comunque valido per il confronto delle idee. Chiedo scusa per le eventuali problematiche che questo incidente imprevisto ha creato ai forumisti e chiedo anche scusa anche a tutti quelli che non gradiscono la nostra presenza in rete. 
Necessità me ne è imposta.

mercoledì 21 marzo 2018

Poligamia?

Ero alle prese con una ricerca sulle contribuzioni nel primo secolo, ed ecco che quando cerchi una cosa ne trovi un altra. Ma ripartiamo da zero.

Sono stato sempre con l'incognita su ciò che riguardava i requisiti dei vescovi/anziani.  La scrittura in questione è 1 Timoteo 3:2. Qui lo scrittore dice che un vescovo deve essere Irreprensibile, marito di una sola moglie. Mi fermo qui. Cosa intende quando dice marito di una sola moglie? La maggior parte propende che non dovesse essere poligamo, una piccola parte invece intende che nella vita dovesse essere sposato una volta soltanto. Il testo originale greco non lascia molti indizi infatti dice:  μιᾶς(di una) γυναικὸς (moglie) ἄνδρα (marito). L'unica cosa che si può fare per capire è usare la logica e capire il contesto. Partiamo da un punto: siamo nel primo secolo, la poligamia non era più tollerata e Gesù aveva ben reso chiaro come l'uomo era stato fatto per stare con una donna sola e viceversa. Ora, la monogamia era un requisiti da soddisfare solo per i vescovi o per tutti i seguaci di Cristo? Ovviamente per tutti. Quindi che senso avrebbe menzionare come requisito la monogamia per i vescovi se già tale requisito doveva essere soddisfatto prima? Se non lo si era si era un peccatore disubbidiente e il percorso del Cristo non sarebbe mai partito, perciò a mio parere questa ipotesi va scartata a priori. Tutto gira intorno alla parola IRREPRENSIBILE. Cosa significa irreprensibile? Il dizionario da questa definizione: A cui non si può muovere alcuna critica o alcun appunto, improntato a una rigorosa onestà o correttezza o accuratezza; inappuntabile, impeccabile.

Ora capite il perché un vescovo doveva essere sposato una sola volta? Uno dei compiti dei vescovi era quello di pascere il gregge e nel farlo sicuramente doveva dare dei consigli, e nel dare dei consigli doveva essere LIBERO DI PAROLA, nessuno doveva trovare qualcosa da ridire in lui. Ve lo immaginate un vescovo che nella sua vita si è sposato due o tre volte che va a dare consigli riguardante il matrimonio o l'amore ad una coppia? Chi è sinceramente che accetterebbe un consiglio da uno con un passato del genere? Ecco invece che se è stato sposato una sola volta è rimasto irreprensibile davanti agli occhi della comunità.

Abbiamo un altra prova a conferma di questo? Si e ricollegandomi all'inizio l'ho trovata mentre facevo una ricerca sulle contribuzioni. La prova ce la dà lo stesso scrittore nella stessa lettera. Andate al capitolo 5.  In questo capitolo si parla di nuovo di requisiti, al v.7 viene detto: Continua dunque a dare questi comandi,+ affinché siano irreprensibili. Ed ecco qui che si parla di nuovo ma di irreprensibilità. Però stavolta non ci sono i vescovi ma le vedove. Al versetto 9 si specifica che per ricevere aiuto la vedova doveva essere stata (attenzione) MOGLIE DI UN SOLO MARITO. Il testo greco ha: ἑνὸς(di uno) ἀνδρὸς(marito) γυνή(moglie). È la stessa costruzione di quella al capitolo 3 d'altronde è lo stesso scrittore nella stessa lettera e quindi usa lo stesso metodo in tutte le circostanze. Ora ditemi tutto ma sinceramente la poligamia al contrario con più mariti e una moglie io non l'ho mai sentita. Qui è chiaro che si tratta di una donna sposata una sola volta. Ora se non fosse cosi, perché mai bisognerebbe chiedere ad una povera vedova l'essersi sposata una sola per ricevere assistenza mentre un uomo poteva sposarsi più volte, senza essere poligamo, e in più ricevere l'incarico di vescovo per pascere il gregge? Non penso che l'apostolo Paolo volesse intendere questo. Ma anzi poneva tutto nello stesso piano. Vescovi e vedove erano irreprensibile se sposati una sola volta nella vita.

Morale della favola: conoscete anziani che sono stati sposati più di una volta?

Post di Alex

mercoledì 7 marzo 2018

Io sono l'unico rimasto

“Io sono l’unico rimasto”, queste furono le parole pronunciate dal profeta Elia fuggito per evitare di essere ucciso dalla malvagia regina Izebel.
E’ interessante riflettere su quello che il racconto biblico dice accadesse ai giorni di Elia. Questo uomo, riconosciuto nella storia degli ebrei come uno dei più grandi profeti e citato perfino da Gesù, aveva un grande problema, era e si sentiva solo. Cosa c'era di strano?
Purtroppo, quello che lo amareggiava e lo faceva sentire solo, era legato al fatto che voleva si affermasse ciò che era giusto e che il suo Dio fosse amato e rispettato.
Sorprendentemente però, non erano i popoli pagani contemporanei di Elia che non amavano la giustizia e non rispettavano Geova, era il suo stesso popolo. Quel popolo che aveva giurato fedeltà a Dio e alle sue leggi, poco alla volta aveva finito per cambiare leggi e per cambiare dio, erano diventati adoratori di Baal, oltre questo chi aveva responsabilità dava l’ostracismo a chi richiamava l'attenzione sul problema.
Elia che aveva sfidato con coraggio i profeti di Baal, che aveva combattuto senza paura perché gli ebrei smettessero di andare dietro ad un dio falso e tornassero alle origini, era un fuggiasco per salvarsi la vita, e ora chiedeva addirittura al suo Dio di togliergli quella stessa vita che fino a poco prima voleva salvare: “Ora basta! O Geova, toglimi la vita, perché non sono migliore dei miei antenati”.
Cosa lo aveva portato in quello stato? Aveva una certezza: “Io sono l’unico rimasto”
La solitudine non era un problema solo per Elia, anche uno tra i mostri sacri del cristianesimo dovette farci i conti, l’apostolo Paolo.
Come Elia, l'apostolo Paolo ci viene presentato come uno che faceva le cose nelle quali credeva con grande trasporto e determinazione. La passione che aveva messo da Fariseo nella persecuzione dei cristiani ora, una volta convertito, l'aveva messa al servizio del suo vecchio nemico il cristianesimo, al punto da riuscire ad aprire senza paura nuovi territori tra i pagani e gli adoratori di divinita sconosciute.

Tanta passione e tanto coraggio l'avevano reso molto amato da coloro ai quali aveva annunciato la buona notizia e per i quali era diventato “la madre” e “il padre” che li aveva generati in senso spirituale.
Eppure, sul finire della sua vita, prigioniero in una casa a Roma, nello scrivere quello che appare essere il suo testamento a suo “figlio” Timoteo (la seconda lettera), Paolo ci sembra quasi amareggiato e lasciato praticamente solo.
Scrive a Timoteo: “Come tu sai, tutti quelli nella provincia dell’Asia mi hanno abbandonato, inclusi Figèllo ed Ermògene.” (2 Tim. 1:15) e continua al cap. 4:9: “Fa’ tutto il possibile per venire presto da me, perché Dema, avendo amato l’attuale sistema di cose, mi ha abbandonato e se n’è andato a Tessalonica, Crescente è andato in Galàzia, Tito in Dalmazia.”.
Non era la prima volta che Paolo veniva abbandonato da chi avrebbe dovuto sostenerlo, scrive ancora: “Nella mia prima difesa nessuno è stato al mio fianco; mi hanno abbandonato tutti, ma questo non sia imputato loro.” (2 Tim. 4:16).
Se siamo soli, se a causa della nostra consapevolezza siamo costretti a tenere i nostri pensieri prigionieri, perché chi avrebbe dovuto sostenerci ci ha voltato le spalle o perché il nostro desiderio che si affermi ciò che è giusto, ci costa l'isolamento da chi dovrebbe volere la stessa cosa, prendiamo coscienza che altri prima di noi hanno vissuto questa esperienza.

Cosa li aiutava ad andare avanti?
Per quanto riguarda l'apostolo Paolo è lui stesso che più volte lo rivela, in Filippesi 4:13 ad esempio scrive: “Per ogni cosa ho forza grazie a colui che mi dà potenza”, ed a Timoteo dice: “Il Signore però mi è stato vicino e mi ha infuso potenza, affinché per mezzo mio la predicazione della buona notizia fosse compiuta pienamente e tutte le nazioni la ascoltassero...” (2 Tim. 4:17).
Affidarsi a Dio e stare vicino a Gesù aiutò Paolo a non sentirsi solo. Cosa aiutò Elia?
Come sapete Dio gli rivelò che si sbagliava. Al suo: “Io sono l’unico rimasto”, Dio rispose: “...in Israele ho ancora 7.000 persone, tutti coloro che non hanno piegato le ginocchia davanti a Bàal...”.
Non era l'unico consapevole! Altri la pensavano come lui.
Sarà stato bello per Elia sapere che non era l'unico matto a non sopportare quanto accadeva nella nazione di Israele e a voler cambiare le cose.
Eppure non era quello che serviva ad Elia per andare avanti. Lo sappiamo perché Geova in quel momento curiosamente non gli fece nemmeno un nome di quelli tra i 7000 consapevoli che magari avrebbe potuto conoscere, ne gliene presentò qualcuno.
Il racconto di 1 Re 19 ci dice cosa fece Elia per rafforzarsi davvero: ”Elìa allora si alzò, mangiò e bevve, e con la forza datagli da quel cibo proseguì per 40 giorni e 40 notti finché non raggiunse l’Hòreb, il monte del vero Dio.”


Elia era un profeta che con Geova parlava quotidianamente e Lui gli rispondeva. A cosa serviva allora andare al monte di Dio, l'Horeb?
Forse che tutto questo lottare per Dio e per ciò che era giusto l'aveva portato a dimenticare di lottare con Dio, e paradossalmente l’aveva un po' allontanato da lui?
Per andare avanti Elia doveva fare quel viaggio e riavvicinarsi a Dio.
Se sei solo, se ti senti solo, sappi che non sei il solo.
Non sei “l’unico rimasto” ci sono persone ieri come oggi in posti come questo che lottano come te e che non hanno piegato le ginocchia al Baal dei nostri tempi. Tuttavia non è questo quello che veramente ti farà andare avanti e non sentire più abbandonato, serve fare quel viaggio....