domenica 26 febbraio 2023

L'elefante nella stanza

La verità fa male. Quasi sempre. Quindi tanto vale negarla. Anche se si tratta di negare l’evidenza. “The elephant in the room” è il saggio del sociologo Eviatar Zerubavel che dà eco al silenzio. E rilevanza alle “cospirazioni” che dietro di esso, spesso, si nascondono.





Quello che vedete a fianco è un recente articolo della Repubblica dove viene utilizzata questa metafora che non è propria della lingua italiana. 

“L’elefante nella stanza” è un’espressione tipica della lingua inglese per indicare una verità che, per quanto ovvia ed ingombrante, viene ignorata o minimizzata. Si riferisce cioè ad un problema noto ma di cui nessuno vuole discutere. L’idea di base è che un elefante dentro una stanza è impossibile da ignorare e quindi, se le persone fanno finta di non vederlo, la ragione è che così facendo sperano di evitare il problema. E iniziano così a negare l’evidenza.Fonte: flickr.com

A proposito dell’attitudine a negare l’evidenza, la psicologia ci dice alcune cose interessanti.
Negare l’evidenza è una reazione primitiva e immatura: non ci aiuta a governare la realtà nel medio-lungo periodo, e non la cambia. Piuttosto, provando a cancellarla, la maschera o la nasconde, rischiando di renderla nel tempo ancora più ingestibile. Eppure, è irresistibile, almeno per la maggior parte: fare finta che tutto vada bene. Scambiare gli elefanti per libellule.

Negare sempre quindi. Negare l’evidenza soprattutto. Con la speranza, o la convinzione, di riuscire a farla franca. Di uscire vittoriosi da quella scommessa, fatta il più delle volte anche solo con sé stessi, sul fatto che tutto andrà bene, e che col tempo l’elefante andrà via.
Sbagliato. Col tempo l’elefante crescerà, e sarà solo più complicato da gestire. Negare l’evidenza diventerà sempre più difficile.
Secondo Zerubavel la spirale della negazione è infatti destinata a trasformarsi in “cospirazione del silenzio”.

L’unico modo per farsi spazio nel circolo vizioso è alzare bandiera bianca di fronte ai continui assalti della realtà. La faticosissima pratica della negazione può infatti condurre alla minimizzazione del problema o all’apatia verso il contesto, ma mai alla risoluzione, anzi.

Andersen nella fiaba “I vestiti nuovi dell’imperatore” insegna che prima o poi la verità si paleserà agli occhi di tutti. E che lo farà nel peggiore dei modi possibili.

Il non detto però è da sempre una tendenza, radicata tanto a livello personale quanto collettivo. Fenomeni sociali in cui regole di pertinenza diventano regole di irrilevanza, perché figlie di aspettative tramandate di generazioni in generazioni, in cui negare è la tradizione.

Segreti dunque visibili, ma non riconosciuti, alimentano l’elefante nella stanza ed evitano che si trasformi in uno scheletro dentro l’armadio. Perché la negazione delle realtà, sociali o personali, non è mai una favola. Ma piuttosto una mano che scosta la tenda per vedere, ma decide di non guardare.

Dalla vita privata a quella politica, le pressioni sociali fanno sì che le persone neghino “ciò che è giusto” davanti ai loro occhi. La negazione di uno è simbioticamente integrata da quello dell’altro e i silenzi diventano immensi, sempre sotto gli occhi di tutti. Ogni elusione innesca una spirale di negazione ancora maggiore: più a lungo ignoriamo gli elefanti nella stanza, più grandi diverranno nelle nostre menti.

Seppur amara dunque la realtà è, dal punto di vista sociologico, l’unico mezzo per trasformare la proboscide in alicorno, sconfiggere il silenzio, aprire la stanza e galoppare leggeri, lontani dalla trappola della negazione.

Qui termina il post preso da internet, la consapevolezza è anche ammettere che questo sistema di cose ti può portare ad uno stato talmente caotico e confonderti talmente tanto da non renderti conto che la realtà è diversa da quello che credevi. In questa metafora applicata a noi l'elefante è l'organizzazione mentre la casa dove c'è quella grande stanza con il pachiderma è quell'insieme di relazioni attività che abbiamo costruito intorno a noi che sono di fatto la nostra vita la nostra esistenza.

Uno degli effetti della consapevolezza è quello che si scatenano sentimenti negativi molto forti e incontrollati. Cosa succede quando ci rendiamo conto di avere questo enorme pachiderma nella stanza e ora vogliamo a tutti i costi farlo uscire? E' un bel problema che pone davanti a noi due soluzioni una semplice l'altra complessa.

La soluzione semplice è quella di spaventare il pachiderma che dalla paura uscirà dalla stanza ma distruggendo tutto quello che abbiamo costruito nella nostra vita.

La soluzione complessa è quella di iniziare a lavorare sul pachiderma in modo che esca con tranquillità salvaguardando la stanza che ci appartiene.

Riesco a far capire la morale? Essere Testimoni di Geova e non avere più i requisiti per esserlo viene rappresentata bene da questa figura retorica perchè è esattamente come avere un elefante nella nostra stanza e non sapere come farlo uscire. Quello che spesso si decide di fare è semplicemente di tenersi l'elefante. In altri casi alcuni decidono di radere al suolo al casa, queste posizioni non sono giuste o sbagliate purtroppo sono parte della nostra vita e abbiamo noi la responsabilità di dover decidere cosa fare. Qui in Osservatore Teocratico prediligiamo soluzioni che non sono mai drastiche però ovviamente come abbiamo appena detto la vita è nostra e siamo noi che abbiamo le redini per decidere dove andare.

Quand'anche decidessimo di buttare giù tutto mettendo davvero in crisi gli affetti più cari che abbiamo causato dal nostro nuovo percorso io comunque un minimo di valutazione oggettiva anche di me stesso la farei.

Questa autocritica è necessaria per essere oggettivi nell'ammettere che un conto è non accorgersi dell'elefante nella stanza e quello abbiamo visto che è un problema in cui possiamo incappare, un altro conto è quello di essere stati noi a voler a tutti i costi che l'elefante entrasse nella nostra vita e vivesse con nostra moglie e i nostri figli. In pratica dobbiamo valutare quanta responsabilità abbiamo nell'aver accettato questa situazione e se per caso viene fuori che non avevamo alternative o abbiamo fatto un errore di valutazione pacchiano come quello di non vedere l'elefante, forse dobbiamo fare uno sforzo in più per non gravare ancora una volta nelle scelte sbagliate che abbiamo fatto.

Quelli che decidono di distruggere tutto in alcuni casi si sentono in una gabbia senza via di uscita ma non è così.

A ben vedere da un certo punto di vista questa sorta di "risveglio" è la prova che non abbiamo proprio fallito ma esattamente il contrario che cioè siamo cresciuti, che abbiamo maturato e ci siamo resi conto che facciamo degli errori. 

Ritorneremo all'immaturità tutte le volte che rimuginiamo sugli errori che abbiamo fatto creando un'infinito loop autocommiserativo depressivo e lesionista dove spesso passiamo il tempo a distribuire inutilmente delle colpe a questa o quella persona all'anziano o al sorvegliante o al corpo direttivo in un modo poco razionale e sensato.

Rompere con il passato, non lo dico io, non significa rompere con il presente. Il "risveglio" dovrebbe far seguito ad un approccio diverso della nostra vita con un nuova rotta, traiettoria, percorso che inizia proprio con l'accettare e farsi una ragione che gli errori sono uno validissimo strumento per crescere. Avete mai immaginato di fare palestra senza faticare? Nella vita è la stessa cosa il dolore muscolare che si prova durante un esercizio con i pesi è la prova che il muscolo sta lavorando e si sta rinforzando. Lo scopo del peso e quello di esercitare il muscolo per permetterti la prossima volta (e non in quel momento) di alzare quel peso senza più la fatica che provi adesso e così (la prossima volta) potrai aumentare l'intensità predisponendoti a nuove sfide.

Agire è la chiave giusta ma con criterio, se non sai cosa fare è meglio stare fermi e non fare danni. 

buona serata


referenze web:
https://www.ultimavoce.it/negare-levidenza-sociologia/ 
http://www.iltuopsicologo.it/lelefante-nella-stanza-quando-si-vede-e-non-si-parla/

mercoledì 22 febbraio 2023

Breaking News: Anthony Morris fuori dal corpo direttivo

L'annuncio della fuoriuscita di Anthony Morris compare nelle news del sito ufficiale. Solo per questo motivo è estremamente significativo considerando la velocità con il quale hanno preteso che tutti i testimoni di Geova ne fossero a conoscenza.

Un saluto a tutti... 


https://www.jw.org/it/news/jw-news/






domenica 19 febbraio 2023

La fine degli ultimi giorni 8

Da testimone di Geova, mi è stato insegnato che la fine a cui si riferiva Gesù nel versetto 14 era quella dell'attuale sistema di cose. Di conseguenza, fui portato a credere che la buona notizia del regno che stavo predicando sarebbe giunta al suo completamento prima di Armaghedon. Infatti, non solo sarebbe finita prima di Armageddon, ma sarebbe stata sostituita da un messaggio diverso il messaggio di giudizio. Questa continua ad essere la convinzione tra Testimoni.

“Questo non sarà il momento di predicare la “buona notizia del Regno”. Quel tempo sarà passato. Il tempo della "fine" sarà arrivato! ( Matteo 24:14 ) Senza dubbio, il popolo di Dio proclamerà un messaggio di giudizio incisivo. Ciò potrebbe comportare l'annuncio che il mondo malvagio di Satana sta per giungere alla sua completa fine”. (w15 15/7 p. 16, par. 9)

Naturalmente, questo ignorerebbe completamente l'affermazione di Gesù che “nessuno conosce il giorno né l'ora”. Non solo, ha anche detto ripetutamente che verrà come un ladro e voi sapete che un ladro non comunica al mondo che sta per rapinare la tua casa.

Immagina, per un attimo un ladro che mette cartelli nel quartiere, dicendo che la prossima settimana svaligerà la tua casa. È ridicolo non vi pare? Eppure questo è esattamente ciò che i Testimoni di Geova intendono predicare secondo la Watchtower. Stanno dicendo che Gesù o Geova dirà loro in un modo o nell'altro, che è tempo di dire a tutti che il ladro sta per per venire a casa tua a svaligiarti.

Questo insegnamento secondo cui la predicazione della buona notizia sarà sostituita da un messaggio finale di giudizio poco prima della fine non solo antiscritturale; si fa proprio beffe della parola di Dio.

Questo tipo di mentalità indottrinata è molto radicata e può influenzarci in modi sottili, quasi impercettibili. Potremmo pensare di essercene liberati, quando poi improvvisamente alza la sua brutta testa e ci risucchia dentro il mare delle inutilità. Per molti, infatti è quasi impossibile leggere Matteo 24:14 e non pensare che si applichi ai nostri giorni.

Fammi chiarire meglio questo aspetto. Ti do la mia opinione a riguardo quello che credo è che Gesù non stesse parlando ai suoi discepoli del completamento dell'opera di predicazione, ma del suo progresso. Naturalmente l'opera di predicazione sarebbe continuata molto tempo dopo la distruzione di Gerusalemme. Nondimeno li assicurava che la predicazione della buona notizia sarebbe giunta a tutti i gentili prima della fine del sistema di cose giudaico. Questo si che si è rivelato vero. Nessuna sorpresa c'è stata in quel caso. Gesù letto in questo modo non si è sbagliato.

Ma che dire di me, invece? Sbaglio se concludo che Matteo 24:14 si adempì nel primo secolo? Sbaglio a concludere che la fine a cui si riferiva Gesù fosse la fine del sistema di cose giudaico?

Delle due una: o stava parlando della fine del sistema di cose giudaico, o si stava riferendo a una fine "diversa". Non è evidente alcuna base nel contesto per credere che ci sia un'applicazione primaria e secondaria o un tipo e antitipo così come voi conoscete bene i termini. Questa non è una situazione tipo/antitipo. Menziona solo un'estremità la sua fine. Quindi, supponiamo, nonostante il contesto, che non sia la fine del sistema di cose ebraico. Quali altri candidati sono messi in gioco?

Deve essere 'una fine' legata alla predicazione della Buona notizia. 

Armaghedon segna la fine dell'attuale sistema di cose ed è collegato alla predicazione della buona notizia. Tuttavia, non vedo alcun motivo per concludere che stesse parlando di Armageddon. Quindi per riassumere quello che abbiamo imparato: nessuno, compresi i testimoni di Geova, stanno predicando "adesso" la vera Buona notizia in tutta la terra abitata a tutte le nazioni in questo momento.

Se, in futuro, i figli di Dio riusciranno a raggiungere tutte le nazioni del mondo con una "vera" buona notizia predicata da Gesù, allora potremmo riconsiderare la nostra comprensione, ma ad oggi quali prove abbiamo che questa sia davvero una buona notizia? Quale riferimento abbiamo per rendere plausibile la spiegazione della sovrapposizione delle generazioni?

Come affermato prima, la mia preferenza nello studio della Bibbia è  l'esegesi. Lasciare che la Bibbia interpreti se stessa. Se vogliamo farlo, allora dobbiamo stabilire i criteri su cui basare la nostra comprensione del significato di ogni dato passaggio della Scrittura. Sono tre i punti interessanti che meritano la nostra attenzione e che riguardano La buona notizia che predichiamo, lo scopo per cui predichiamo e la fine che porterà in questo sistema di cose. 

La buona notizia

Qual è la buona notizia? Non c'è nulla nel libro degli Atti (il resoconto principale dell'opera di predicazione del I secolo) che indichi che i primi cristiani andavano da un luogo all'altro dicendo alla gente che potevano diventare amici di Dio e quindi essere salvati dalla distruzione mondiale.

Qual era l'essenza della buona notizia che predicavano? Giovanni 1:12 dice praticamente tutto.

“Ma a quanti lo accolsero diede il potere di diventare figli di Dio, perché avevano fede nel suo nome” ( Giovanni 1:12 ).

Però ragioniamo su questa scrittura, non puoi diventare qualcosa che lo sei già. Se sei già figlio di Dio, non lo puoi diventare di nuovo. Secondo la dottrina teocratica tutte le persone che accoglievano il messaggio diventavano figli di Dio. Ma questo non ha senso. Prima della venuta di Cristo, gli unici esseri umani che erano stati figli di Dio erano Adamo ed Eva. Ma hanno perso la condizione o eredità quando hanno peccato. Sono diventati diseredati. Non potevano più ereditare la vita eterna. Di conseguenza, tutti i loro figli sono nati al di fuori della famiglia di Dio. Quindi, la buona notizia è che ora possiamo diventare figli di Dio e afferrare la vita eterna perché possiamo essere di nuovo in grado di ereditarla da nostro padre.

“E chiunque avrà lasciato case o fratelli o sorelle o padre o madre o figli o campi per amore del mio nome riceverà molte volte di più ed erediterà la vita eterna”. ( Mt 19:29 )

Paolo lo esprime molto bene quando scrive ai Romani:

“. . .Poiché tutti coloro che sono guidati dallo spirito di Dio sono davvero figli di Dio. Perché non avete ricevuto uno spirito di schiavitù che fa di nuovo paura, ma avete ricevuto uno spirito di adozione a figli, per mezzo del quale gridiamo: "Abbà, Padre!" Lo spirito stesso testimonia con il nostro spirito che siamo figli di Dio. Se dunque siamo figli, siamo anche eredi, eredi sì di Dio, ma coeredi di Cristo. . .” ( Romani 8:14-17 )

Possiamo ora riferirci all'Onnipotente con un vezzeggiativo: “Abbà, Padre”. È come dire papà è un termine che mostra l'affetto rispettoso che un bambino ha per un genitore amorevole. In questo modo diventiamo suoi eredi, coloro che ereditano la vita eterna e molto altro ancora.

Ma c'è di più nel messaggio della buona notizia. Il messaggio immediato della buona notizia non è della salvezza mondiale, ma di essere scelti come figli di Dio. In Ecclesiaste leggiamo

“Mi sono detto riguardo ai figli degli uomini: “Dio li ha sicuramente messi alla prova affinché vedessero che non sono che bestie”. Perché il destino dei figli degli uomini e il destino delle bestie è lo stesso. Come uno muore così muore l'altro; anzi, hanno tutti lo stesso fiato e non c'è vantaggio per l'uomo sulla bestia, perché tutto è vanità. ( Ecclesiaste 3:18 , 19 NASB)

L'uomo viene elevato ad un grado superiore rispetto alla natura del creato. Così, l'umanità – la creazione – viene liberata dalla schiavitù del peccato e restituita alla famiglia di Dio attraverso la rivelazione dei figli di Dio che ora vengono radunati.

Giacomo ci dice: "Poiché lo ha voluto, ci ha generati mediante la parola della verità, perché fossimo certe primizie delle sue creature". ( Giacomo 1:18 )

Se dobbiamo essere primizie come figli di Dio, allora i frutti che seguono devono essere gli stessi. Se raccogli le mele all'inizio del raccolto, raccogli le mele alla fine del raccolto. Tutti diventano figli di Dio. L'unica differenza è nella sequenza.

Quindi, riducendo ai minimi termini, la buona notizia è la dichiarata speranza che tutti noi possiamo tornare alla famiglia di Dio con tutti i relativi benefici che ne conseguono. Per questo motivo guardiamo Gesù come nostro salvatore.

La buona notizia riguarda il ritorno alla famiglia di Dio come un figli di Dio.

Questa opera di predicazione, questa dichiarazione di speranza per tutta l'umanità, quando giunge alla sua fine? Non può essere quando non ci saranno più umani che hanno bisogno di sentirlo.

Se la predicazione della buona notizia si concludesse ad Armaghedon, questo lascerebbe fuori miliardi di persone. Notate l'assurdo considerando i miliardi di persone che risorgeranno dopo Armaghedon? Alla loro risurrezione, non verrà detto loro che anche loro possono diventare figli di Dio se ripongono fede nel nome di Gesù? Ovviamente. E questa non è una buona notizia? Ci sono notizie migliori di quelle possibili? Non credo.

Lo scopo

Lo scopo risulta più evidente se ci poniamo la domanda, perché i testimoni di Geova insistono sul fatto che la predicazione della buona notizia finisca prima di Armaghedon? La risposta è perché la “buona notizia” che stanno predicando equivale a dirti: “Unisciti all'organizzazione dei testimoni di Geova e sarai salvato dalla morte eterna ad Armaghedon, ma non aspettarti di ottenere la vita eterna sino a quando non sono scaduti altri mille anni. "

Ma ovviamente non è questa la buona notizia; cioè da Testimoni di Geova abbiamo la tendenza a fraintendere le questioni e purtroppo questo è uno di quei casi dove si comprendono fischi per fiaschi. Ribadiamo il concetto che la buona notizia per un fedele cristiano non è quella di diventare Testimone di Geova ma quella che: “Puoi diventare un figlio di Dio ed ereditare la vita eterna se riponi fede nel nome di Gesù Cristo ora”.

Cosa succede se non riponi fede in Gesù per diventare un figlio di Dio ora? Ebbene, secondo Paolo, rimani parte della creazione. Quando i figli di Dio saranno rivelati, allora la creazione gioirà nel vedere che anche loro possono avere l'opportunità di diventare figli di Dio. Se rifiuterai l'offerta in quel momento ovviamente non ci saranno più scuse che potranno giustificarti

La fine

Quando avverrà la fine di questo sistema si smetterà di predicare?

A ben vedere questo sarà ragionevole solo nel momento in cui l'ultimo essere umano sarà resuscitato, non ti pare? Questo termine della predicazione è davvero collegata a una fine?

Secondo Paolo sì.

“Tuttavia, ora Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di coloro che si sono addormentati [nella morte]. Infatti, poiché la morte è per mezzo di un uomo, anche la risurrezione dei morti è per mezzo di un uomo. Infatti, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo tutti riceveranno la vita. Ma ciascuno nel proprio rango: Cristo la primizia, poi coloro che appartengono al Cristo durante la sua presenza. Poi, la fine , quando consegnerà il regno al suo Dio e Padre, quando avrà annientato ogni governo e ogni autorità e potenza. Poiché deve regnare finché [Dio] non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. Come ultimo nemico, la morte deve essere ridotta a nulla. ( 1Cor 15,20-26

Alla fine, quando Gesù avrà ridotto a nulla ogni governo, autorità e potere e persino ridotto a nulla la morte, possiamo tranquillamente affermare che la predicazione della buona notizia sarà terminata. Possiamo anche dire che ogni essere umano che sia mai vissuto in qualsiasi tempo, in qualsiasi luogo, di qualsiasi tribù, lingua, popolo o nazione avrà ricevuto il messaggio della buona novella.

Quindi, se si preferisce guardare a questo come un compimento assoluto piuttosto che soggettivo o relativo, possiamo dire inequivocabilmente che alla fine del regno millenario di Cristo questa buona novella sarà stata predicata in tutta la terra abitata per ogni nazione prima della fine.

Posso vedere solo due modi in cui Matteo 24:14 può applicarsi e soddisfare tutti i criteri. Uno è relativo e uno è assoluto. Sulla base della mia lettura del contesto, penso che Gesù stesse parlando relativamente, ma non posso dirlo con assoluta certezza. Altri preferiranno l'alternativa, e alcuni anche ora continueranno a credere che le sue parole si applichino all'insegnamento dei testimoni di Geova secondo cui la predicazione della buona notizia termina poco prima di Armaghedon.

Quanto è importante capire esattamente a cosa si riferisse? Bene, mettendo da parte per il momento l'interpretazione dei testimoni di Geova, le due possibilità che abbiamo discusso non ci toccano in alcun modo al momento. Non sto dicendo che non dovremmo predicare come abbiamo visto c'è una buona notizia da dare alle persone e francamente non vedo perchè non dovrei farlo ogni volta che mi si presenta l'opportunità. 

Detto questo, con Matteo 24:14, non stiamo parlando di un segno che predice la vicinanza della fine. Ma questo è ciò che i Testimoni hanno affermato erroneamente e notate quanto su questo aspetto hanno fatto leva sui sentimenti delle persone.

Quante volte si torna a casa da un'assemblea di circoscrizione o da un'assemblea di regione e invece di sentirsi sollevati si prova un senso di colpa? Ricordo che da anziano ogni visita del sorvegliante di circoscrizione era qualcosa che temevamo. Erano sensi di colpa. L'organizzazione non è motivata dall'amore, ma dalla colpa e dalla paura.

L'errata interpretazione e l'errata applicazione di Matteo 24:14 pone un pesante fardello su tutti i testimoni di Geova, perché li costringe a credere che se non fanno del loro meglio e oltre nella predicazione di porta in porta lo faranno essere colpevole di sangue. Moriranno eternamente persone che avrebbero potuto essere salvate se solo avessero lavorato un po' di più, sacrificato un po' di più. Se c'è consapevolezza incominciamo con smetterla di sentirci in colpa per cose che non hanno senso e concentriamoci sulle cose più importanti

riferimento web: https://beroeans.net/2019/11/12/examining-matthew-24-part-4-the-end/


sabato 11 febbraio 2023

Abuso o disciplina?

Cari lettori,
Mi è giunta un'esperienza da una consapevole del sol levante che vorrei condividere con voi e le vostre riflessioni. Nel leggerla vorrei che teneste conto del fatto che in anni passati, in varie culture, compresa la nostra era comunemente accettato disciplinare i figli con punizioni corporali.
Un paio di esempi li potrei estrarre da esperienze personali: parenti non tdg che usavano tenere una bacchetta apposita in casa, ma anche il battipanni aveva la stessa funzione. Ricordo personale all'età di 8 anni, un paio di schiaffoni affinché non mi addormentassi all'adunanza serale. Bambini che iniziavano a piangere non appena venivano portati in seconda sala, già sapendo che avrebbero subito punizioni.
Ciò nonostante si conferma anche in questo caso, l'incapacità della congregazione di salvaguardare i fratelli dalle realtà dell'epoca. Purtroppo sappiamo bene, non solo da discipline abusanti, ma anche da abusi ben peggiori.

OSAKA -- Un'ex Testimone di Geova, che ha parlato dei suoi rimpianti per aver abusato di suo figlio in nome della religione, è tra le molte persone che stanno rivelando le loro esperienze legate ai bambini cresciuti come "seguaci di seconda generazione" sulla scia dell'assassinio dell'ex primo ministro Shinzo Abe. La donna sulla cinquantina, conosciuta con lo pseudonimo di Ryoko, vive nella città di Osaka, nel Giappone occidentale. Anche dopo 30 anni, ricorda ancora suo figlio che piangeva e il dolore che sentiva sul palmo mentre sculacciava suo figlio in grembo come punizione per non essere rimasta seduta a una riunione religiosa.

Sebbene pensasse se dovesse davvero sculacciare suo figlio, all'epoca di 2 anni, seguì l'insegnamento che "è per il bene del bambino picchiarli". La pratica di "frustare" i bambini sulla base di descrizioni bibliche era dilagante tra alcuni seguaci.

Ryoko, che non ha avuto un'educazione religiosa, si è trasferita a Tokyo quando aveva 19 anni e ha sposato un uomo del suo posto di lavoro. Aveva 21 anni quando ha dato alla luce suo figlio. Suo marito, da cui in seguito ha divorziato, è diventato violento nei suoi confronti dopo che è rimasta incinta e il suo corpo era coperto di lividi. Ha anche picchiato il loro bambino appena nato perché piangeva. Mentre lottava, volendo lasciare la sua relazione violenta, un seguace che viveva nelle vicinanze le si avvicinò e le chiese: "Perché non vieni a una sessione di studio biblico?"

Quando la donna partecipava alle adunanze, tutti i seguaci erano gentili con lei. Siccome era sola e non aveva nessuno con cui parlare dei suoi problemi familiari, ha approfondito la sua fede come per colmare un vuoto nel suo cuore. "Volevo essere amata da qualcuno. Nella religione, hai una relazione uno a uno con Dio. Mi sono sentita soddisfatta dall'essere amata da Dio", ha spiegato.

Il luogo della riunione aveva un angolo cottura buio delle dimensioni di un tatami. C'era una frusta di gomma nel cassetto del lavandino. I genitori usavano quella stanza per frustare i loro figli quando non stavano seduti fermi durante gli studi biblici.

Allora, era un detto comune tra i seguaci che "non ci sono abbastanza fruste". I seguaci sono stati persino coinvolti nelle frustate di altre famiglie, come se si stessero tenendo d'occhio l'un l'altro.

All'inizio, Ryoko era molto titubante riguardo alla pratica e si chiedeva perché avesse dovuto picchiare suo figlio. Quando ha chiesto: "È davvero per il bene dei bambini?" l'anziano che guidava tutti i seguaci la ammonì, dicendo: "Non frustarli significherebbe che odi tuo figlio".

Spinta da altri a farlo, iniziò a frustare suo figlio. Copriva la bocca di suo figlio per impedirgli di piangere e urlare. È diventata insensibile dopo aver picchiato ripetutamente suo figlio ed è arrivata a pensare che "stava facendo la cosa giusta".

La donna ha divorziato nei primi anni della scuola elementare di suo figlio e viveva da sola con suo figlio. Fece battezzare suo figlio al secondo anno di scuola media per renderlo un evangelista a tutti gli effetti, ma la sua fede si indebolì.

Quando suo figlio era al suo terzo anno di scuola media, Ryoko gli tirò la mano per costringerlo a partecipare alla riunione, ma lui rifiutò ostinatamente. Ha pianto, sentendosi sola nel locale, ma suo figlio l'ha trattata con gentilezza quando è tornata a casa.

A poco a poco, Ryoko iniziò a dubitare degli insegnamenti. Se un seguace deviava dalla dottrina, veniva ostracizzato. Anche ai membri della famiglia era appena permesso di parlare tra loro e le relazioni furono interrotte.

"È questo ciò che farebbe un Dio amorevole? Ci deve essere qualcosa di sbagliato nella loro interpretazione (della Bibbia)", ha ricordato la donna pensando. Gli insegnamenti prevedevano che il mondo giungesse alla fine, cosa che non sembrava sarebbe accaduta tanto presto.

I seguaci di seconda generazione che avevano lasciato la comunità religiosa avevano scritto degli abusi subiti da bambini online, dicendo che erano ancora emotivamente segnati anche dopo essere cresciuti. Si rese conto di aver inflitto lo stesso tipo di cicatrici anche a suo figlio. Diventava sempre più incapace di perdonare se stessa per quello che aveva fatto.

Molti seguaci dei Testimoni di Geova, che dedicano la loro vita all'evangelizzazione, non vanno all'università. Quando suo figlio è entrato al liceo, Ryoko gli ha detto: "Se vuoi andare all'università, la pagherò io". Ha ricordato di aver pensato: "Dal momento che non posso lasciare soldi per lui. Voglio almeno che abbia una buona istruzione".

Quando il grande terremoto del Giappone orientale ha colpito l'11 marzo 2011, Ryoko ha chiamato suo figlio, che frequentava un'università nella regione di Kanto, nel Giappone orientale, e gli ha chiesto: "Dove sei? Sei al sicuro?" Lo invitò a stare a casa dei suoi genitori a Osaka e trascorsero circa un mese vivendo insieme in pace.

Ryoko ha accompagnato suo figlio sul binario della stazione di Shin-Osaka il giorno in cui è tornato nella regione di Kanto. Poco prima della partenza del treno proiettile shinkansen, ha tenuto la mano di suo figlio e ha detto: "Quando eri piccolo, ti ho colpito molte volte. Ho fatto qualcosa che non può essere annullato. Mi dispiace tanto".

Le strinse dolcemente la mano e annuì con un sorriso. Dopo che il treno è partito, ha ricevuto un messaggio di testo da suo figlio, che diceva: "Anche se Dio e Cristo non ti perdoneranno, o non puoi perdonare te stesso, ti perdonerò".

In quel momento, Ryoko decise di lasciare la comunità religiosa. Amava suo figlio, ma suo figlio le aveva mostrato un affetto più profondo. "Il modo in cui amavo mio figlio, che non gli lasciava altra scelta che perdonarmi, era sbagliato."

Ryoko ha ancora dei sogni in cui si ferma dal picchiare il suo bambino e pensa: "Sono così felice di non averlo colpito", prima di svegliarsi con un senso di sollievo. Poi si guarda il palmo e torna alla realtà. Ha detto al Mainichi Shimbun: "Mio figlio mi ha perdonato, ma il fatto che io abbia abusato di lui non può essere cancellato. Porterò con me questo senso di colpa per il resto della mia vita".


(originale giapponese di Shunsuke Takara, Izumisano Resident Bureau)

sabato 4 febbraio 2023

E ADESSO?

Mi incammino per la strada e osservo le vetrine del centro, la folla si muove numerosa intorno a me e al fondo del viale vedo la sagoma del mitico trolley, al fianco della struttura ci sono due donne imbacuccate che chiacchierano fra loro sorridenti mantenendo il contatto visivo con i passanti, l'uomo che le dovrebbe accompagnare si é sistemato poco distante e scrive sul proprio smartphone.

La mente viaggia a quando partecipavo a questa attività, quali sono i miei sentimenti?

La prima sensazione alla vista del trolley è stranamente di fastidio, devo ammettere che mi innervosisce vedere il logo JW giganteggiare sopra la letteratura ben disposta e divisa per argomento, mi da fastidio la banalizzazione dei problemi, la logica del "tranquillo siamo qui noi" (come cantava Max Pezzali) che la Società Torre di Guardia Bibbie e Trattati della Pennsylvania si sforza di proporre utilizzando tutti i mezzi disponibili.

Osservo curioso la reazione dei passanti alla vista delle pubblicazioni esposte e noto un'indifferenza assoluta, l'offerta della Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania non suscita alcuna curiosità, le diverse pubblicazioni giacciono immobili sull'espositore, forte testimonianza di un messaggio che alimenta la fiducia di più di otto milioni di persone;

la mia attenzione si sposta sul terzetto che accompagna la struttura mobile, le due donne sono sulla trentina, hanno un cappotto imbottito lungo fino ai piedi, la punta del loro naso é arrossata dal freddo, la luce dei negozi alle loro spalle porta a confonderne i tratti, le loro figure si distinguono a fatica rispetto alle offerte commerciali alle loro spalle, ai manichini e alle scritte promozionali che rendono quasi indistinguibile la loro presenza.

Il giovane uomo che accompagna il trio ha un cappello e indossa un giubbotto con cappuccio bordato di pelliccia, ha i guanti con le dita scoperte per digitare messaggi verso un destinatario che per lui é molto più importante dei passanti, mi chiedo se  il suo interlocutore sia un anziano, un altro giovane o un sorvegliante, il suo volto é contratto; la sua presenza mi fa pensare che possa essere un giovane nominato che si trova alle prese con un problema che richiede il suo intervento immediato, torno con la memoria alle innumerevoli volte in cui sono stato coinvolto nei problemi della congregazione, quante volte ho affrontato crisi che al momento sembravano montagne ma che oggi mi appaiono morbide colline.

Poi guardo il mio volto riflesso in una vetrina e vedo un uomo stanco, sereno, più maturo e in pace con il mio prossimo; le luci natalizie non suscitano repulsione perché sono "pagane", la folla impegnata negli acquisti non mi spinge a commentare acido che "camminano verso la distruzione e non lo sanno", le ragazze in minigonna non mi ispirano commenti circa la "vergogna di andare in giro mezze nude" ma mi risultano abbastanza indifferenti, guardo i volti della gente e mi piace osservare i loro sorrisi, non giudico se questi sorrisi siano "frutto del materialismo" o della loro "crapula del mangiare e del bere".

Confronto i volti dei passanti con il trio di supporto alla struttura mobile, "l'espositore", e noto con sorpresa che i volti più sereni, più gioiosi, più sinceri sono di gran lunga quelli "degli altri, delle persone del mondo" che evidentemente sono sgravate dal fardello dei giudizi altrui, non devono dare conto ad altri del tempo che spendono e di come questo tempo viene impiegato, non devono agire perché temono di venire esposti ad un severo giudizio ma scelgono liberamente di comportarsi basandosi sul loro arbitrio; essi amano, vivono e ridono liberi, le loro giornate non sono scandite da orari o da impegni imposti da altri uomini.

Mi stringo nel cappotto e mia figlia si avvicina sporgendomi un pacchetto, l'ennesima sciarpa, mi abbraccia e mi bacia sulla guancia, si stringe a me e solo ora si accorge dell'espositore, mi guarda negli occhi e mi stringe più forte il braccio, sa per esperienza diretta quante energie ho dato alla Congregazione, quante volte ho studiato le pubblicazioni con lei, quanti viaggi e quanti congressi, quante rinunce abbiamo fatto e ora? Cosa rimane? Cosa faremo? La guardo con tutto l'infinito amore di un padre verso il figlio e le domande non ci sono più, saranno le nostre azioni a determinare chi siamo e a nessun essere umano sarà mai più permesso di alzare l'indice verso di noi.

Abbracciati, proseguiamo felici.