Cap. 8,11-20
*Allora si fecero avanti i farisei e incominciarono a discutere con lui chiedendogli, per metterlo alla prova, un segno dal cielo. *Ma egli, sospirando profondamente, disse: Perché questa generazione domanda un segno? In verità vi dico, nessun segno sarà dato a questa generazione. *E lasciatili, montato di nuovo in barca, passò all’altra riva. *I discepoli si erano dimenticati di prendere pani e non avevano con sé nella barca che un pane solo. *Egli intanto li ammaestrava dicendo: Badate, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode! *Ma essi discorrevano tra loro del fatto di non avere pani.*Gesù, accortosene, disse: Come mai ragionate tra voi di non avere pani? Non riflettete e non capite ancora? Avete il cuore indurito? *Avendo occhi non vedete e avendo orecchi non udite? E non ricordate quando io spezzai cinque pani per cinquemila uomini, quante ceste colme di avanzi raccoglieste? Gli dicono: Dodici. *E quando ne spezzai sette per quattromila uomini, quante ceste di avanzi raccoglieste? Sette, rispondono. *E diceva loro: E non capite ancora?
Gesù sospira profondamente. Cosa prova nei confronti dei farisei che di fronte a questo grande miracolo chiedono un segno? Rabbia? Delusione? Sconforto? Sappiamo che i suoi rapporti con i farisei furono piuttosto conflittuali. A più riprese condannò il loro modo di giudicare il prossimo, fu da loro messo alla prova, complottarono per eliminarlo, eppure fu disposto ad andare in casa di un fariseo per consumare un pasto, ebbe discepoli farisei, disse di ascoltare i loro insegnamenti pur rigettando la loro condotta ipocrita. (Matt 23:23-30, 16:1, 19,3, Giov 11:46-53, Lu 7:36, Atti 15:5, Matt 23:2,3). Impariamo a non generalizzare, a dare la possibilità a ciascun individuo singolarmente.
Impariamo che non è necessario rispondere sempre alle obiezioni, non se di fondo mancano i buoni motivi.
La cecità di questi farisei di fronte alla gioiosa condivisione di un pasto con i discepoli non meritava risposta. Gesù avverte i discepoli di fare attenzione al lievito dei farisei, un modo di pensare dominante nella comunità di quel tempo, ossessionata da regole e giudizi, come se la salvezza dipendesse dalle opere e non dalla immeritata benignità di Dio. La conversione che Gesù richiede non è un semplice cambio di religione ma di fondo, nei loro cuori. Dovevano smettere di pensare a se stessi come a una comunità rinchiusa in sé stessa. Per Gesù non importa se facciano parte o meno di una comunità, ma se si prodigano nel fare il bene e condividere. Il cristianesimo è apertura all'altro!
C'è nella richiesta dei farisei inoltre una chiusura alla fede. Essi vogliono che Gesù si conformi al loro modo di adorare, al loro sistema di purezza e separazione, chiedono un segno quando Gesù ne ha già dati tanti. Si considerano giusti, il loro metro di misura dev'essere lo standard per la pura adorazione. In questo triste a dirsi sono ampiamente imitati da molte religioni cristiane che a son di bolle papali e scomunica han messo al rogo o all'ostracismo chi osava pensare in modo differente.
Di contro, la nuova religione sembra esser diventata l'ateismo che chiede segni a chi vive nella fede ma senza una reale volontà di credere e aprirsi all'altro, bensì per confutarne la speranza. Diventa facile giudicare la fede altrui in base ai propri standard, e lo sport di ogni religione stabilire regole e imporle in nome di Dio. La conseguenza nel tempo è la cecità spirituale. Ciò che appare all'occhio è come un faro puntato in faccia che non permette di vedere la sostanza, ma solo la forma. Come testimoni purtroppo abbiamo assorbito questo metro e dobbiamo imparare a sbarazzarcene. Perché Gesù ci insegna a donarci senza giudicare l'altro. A noi è richiesto di amare, non di giudicare. Ancora una volta Gesù ammonisce i discepoli di guardarsi dal lievito dei farisei, evidentemente il loro metro di misura era facilmente assorbito anche da loro, un pericolo per i cristiani che dovevano si, sforzarsi di vivere secondo alti principi, ma non per questo sentirsi superiori e criticare gli altri.
Marco 8: 22-33
Giunto in Betsaida, gli portano un cieco e lo pregano di toccarlo. ed egli preso il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio, gli mise della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli disse: Vedi qualche cosa? *E quello guardando in su disse: Vedo degli uomini come alberi che camminano. *Allora di nuovo gli impose le mani sugli occhi, e quello vide distintamente e si trovò guarito e vedeva nettamente da lontano tutto. *Gesù lo rimandò a casa sua dicendo: Non entrare neppure nel villaggio. *Gesù con i suoi discepoli se ne andò quindi verso le borgate di Cesarea di Filippo, e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: Chi dice la gente che io sia? *Gli risposero: Chi Giovanni il Battista, alcuni Elia, altri uno dei profeti. *Allora domandò loro: Ma voi, chi dite che io sia? Pietro rispose: Tu sei il Cristo. *Ed egli ordinò loro di non parlare di lui con nessuno. *E cominciò a spiegare loro che era necessario che il Figlio dell’uomo soffrisse molto cose e fosse riprovato dagli anziani e dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, e fosse ucciso e dopo tre giorni sarebbe risorto. *Egli diceva queste cose apertamente. E Pietro, trattolo in disparte, cominciò a protestare. *Ma Gesù, voltosi e, guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: Va’ via da me Satana! Tu non pensi come Dio, ma come gli uomini.
Gli portano un cieco ed egli lo prende per mano. Come per il sordo, a cui comunica con gesti, trova il modo di interagire con il cieco in modo speciale, empatico. Lo conduce, il tocco rassicurante della mano è per il cieco un linguaggio molto forte, avendo un deficit visivo sviluppa una straordinaria sensibilità nelle mani, che diventano in grado di capire la personalità e le emozioni dell'interlocutore. Per chi ha nozioni di equitazione può comprendere l'idea di ciò che può trasmettere anche un piccolo cenno, una leggera stretta sulle redini al cavallo, animale dall'indole schiva ma docile una volta percepita la sicurezza e l'empatia del cavaliere, oppure un tocco nervoso e insicuro che gli trasmetterà sfiducia. Lo porta fuori dal villaggio, lontano dalla folla pressante e lo guarisce gradualmente. Infatti all'inizio vede in maniera sfocata. La cecità, specie se dalla nascita, non è solo visiva. Manca nel cervello tutta una serie di connessioni, di percorsi sinapsici che collegano i nostri occhi alle immagini che vediamo. Il cieco vede degli alberi, ma intuisce che questi tronchi, che lui ha sempre percepito con le mani come oggetti verticali, ma fermi e radicati a terra, non possono essere alberi perché si muovono, quindi sono uomini!
Gesù compie il secondo miracolo, collega la vista alla banca dati del cervello cognitivo e adesso il cieco traduce ciò che gli occhi gli comunicano. Anche noi spesso siamo ciechi, non perché non vediamo la verità, bensì restiamo incapaci di collegarla alla visione d'insieme. Continuiamo a leggere le scritture con la fiducia che alla fine il Cristo diventi pienezza della nostra fede compiendo questo secondo miracolo.
Un commento interessante da Qumran.net :
"Gesù vuole aiutare i suoi discepoli ad aprirsi all'ascolto della verità, a vederci chiaro nella propria vita, a rendersi abili, a parlare correttamente della propria fede. Finché non si vede distintamente, come il cieco guarito, finché non si vede Gesù nella vera luce della sua identità non si è ancora adatti per l'annuncio del vangelo. Non credere significa diventare come i pagani, che somigliano ai loro idoli i quali "hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono..." (Sal 105,4-6). In tutta questa sezione del vangelo Gesù rimprovera più volte i suoi discepoli perché non capiscono o non vogliono vedere chiaramente la realtà. Ma, mentre egli fa questi rimproveri, guarisce un sordo e un cieco, e la cosa diventa un segno della guarigione spirituale dei discepoli. Così essi diventeranno capaci di dire (finalmente!): "Tu sei il Cristo!" (Mc 8,29). Ma la loro guarigione non è completa. Infatti, si riveleranno altrettanto chiusi al nuovo insegnamento di Gesù sul cammino del Cristo verso la croce. Gesù avrà di nuovo a che fare con le loro orecchie tappate e i loro occhi ciechi, e la sua difficoltà a guarire fisicamente un sordomuto e un cieco manifesta appunto la difficoltà a guarire il cuore dei discepoli. Marco descrive questi due miracoli come segni di una guarigione interiore: guarigione della sordità e della cecità spirituale. La guarigione del cieco di Betsaida avviene in due tempi, ed è un fatto unico in tutto il Vangelo: si presta a simboleggiare il viaggio della fede, che avviene progressivamente e non senza esitazioni. Questa guarigione è un gesto profetico di Gesù e simboleggia lo schiudersi degli occhi dei suoi discepoli alla sua messianicità. Gesù è l'unica luce che dà la vista, che illumina ogni uomo (Gv 1,9). Il discepolo è un cieco che sa di esserlo, riconosce l'impossibilità di guarire da solo e lascia che il Signore agisca secondo la sua misericordia."
Anche la visione del Messia assorbita dagli insegnamenti giudaici doveva essere rimossa. Attendevano un Messia liberatore, qualcosa a uso e consumo giudaico, mentre la sua missione aveva un ben più ampio respiro. (Giov. 3:16, 10:16) Ecco perché Gesù chiede loro cosa pensano sulla sua identità. La gente, gli rispondono, crede che egli sia Elia, o Giovanni battista. Idee confuse, date da profezie non ancora chiare e dagli eventi del periodo. Anche i discepoli avevano idee confuse ma qualcosa più chiaro in testa c'era, infatti Pietro risponde senza dubbi: " tu sei il Cristo!"
Avevano trovato il Messia annunciato dalle scritture.
Secoli di storia ebraica portavano fino a Gesù. Egli era annunciato quale liberatore d'Israele, un condottiero, un re. Difficile per i discepoli togliersi dalla testa questa figura da giustiziere con tanto di spada sguainata a cacciare il giogo romano. Ma Gesù approfitta della loro attuale consapevolezza per ribadire un punto importante, egli era si condottiero, ma doveva presentarsi anche come un agnello da scannare, doveva passare il martirio. Riusciamo ad immaginare l'enorme cambio di paradigma che doveva avvenire nella loro testa? Non sorprende quindi che Pietro rifiuti questo concetto e cerchi di "convincere" Gesù che si sta sbagliando.. viene da ridere a pensarci...
Adesso però, riusciamo a capire che anche dentro noi ci sono enormi montagne di preconcetti per arrivare al Cristo e ad una fede più spoglia di tanti orpelli inculcatici, forse da tutta una vita? Se guardiamo a tutte le religioni cristiane, hanno si insegnato le basi scritturali, ma nello stesso tempo immesso l'idea che il mezzo, l'organizzazione religiosa, fosse unico e indispensabile per arrivare alla fede nel Cristo. Prendendo l'esempio che Brux Cavey nel suo libro: "The end of religion" fa, (e che vi consiglio di leggere) "Le religioni sono come bicchieri in cui contenere acqua, le persone religiose anziché spirituali credono di dissetarsi leccando il bicchiere anziché berne il contenuto, tanto più sono incapaci di bere acqua viva alla fonte, senza un contenitore. Eppure basterebbe mettere le mani a coppa per raccogliere acqua, direttamente alla fonte!"
Ger.2:13 "Perché il mio popolo ha commesso due malvagità: ha abbandonato me, la fonte di acqua viva, per scavare per sé stesso cisterne. Cisterne rotte che non possono trattenere l'acqua."
Cap. 8,34-38
E chiamata a sé la moltitudine coi suoi discepoli, disse: Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua. *Perché chi vorrà salvare la sua vita la perderà, ma chi perderà la sua vita per me e per il vangelo la salverà. *Che giova all’uomo guadagnare tutto il mondo, se e poi perde la sua vita? *Infatti con che cosa potrà ricomprare la sua vita? *Se uno si vergogna di me e delle mie parole in questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi.
Gesù adesso lancia la sfida. Nessuno è escluso, infatti si rivolge alla folla, non solo ai discepoli. Il suo è un invito a seguirlo, non un imperativo. Chi decide di farlo deve scegliere di propria volontà, ma dovrà accettare di rinnegare se stesso. Avverte che accetterà di portare un fardello sulle spalle finanche ad arrivare alla morte. Vedremo questo, palo o croce poco cambia, nel racconto della parte finale del Cristo, che trasporta lo strumento dove verrà inchiodato lui stesso. Una visione molto chiara per le persone dell'epoca. Era una morte non da eroi ma ignobile, rigettata da tutti, una condanna al biasimo. E Gesù la usa per mettere bene in chiaro cosa significa seguirlo. Si aspettavano un'imminente gloria accanto al liberatore d'Israele invece dovranno essere disposti ad attraversare l'inferno del rifiuto e il ripudio.
Ma Gesù esorta a guardare oltre l'apparenza. Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero (plauso compreso) se in tal modo perde se stesso? La sua anima? Li esorta a riflettere che in effetti erano attaccati all'opinione di una generazione adultera e peccatrice rischiando così di perdere la stima del Messia e del Padre. Questo avrebbe portato a perdere veramente la vita senza speranza di salvezza alcuna. Non c'è odio, non c'è rabbia nel seguire il Cristo nei confronti di chi ci avversa. Gesù ci invita a portare un carico, ma ci sostiene riempendoci di amore, solo con questo sentimento saremo in grado di portare il palo di tortura non venendo meno.
Grazie per le belle riflessioni:
RispondiEliminaMarco 8:12 "gemendo profondamente col suo spirito" frase incomprensibile.
• Invece "sospirò", ora si che possiamo immedesimarci nei suoi sentimenti
• Il cristianesimo è apertura.
• Bella le spiegazione del miracolo in due fasi, speriamo da consapevoli di passare alla fase due.
• Il libro di Brux Cavey "La fine della religione" l'ho aquistato in epub online per pochi euro, l'ho letto due volte illuminante è dir poco!
• Far prevalere l'amore sulla rabbia.
Continua a condividere con noi riflessioni come queste, grazie!
. Bellissimo post grazie
RispondiEliminaAnche io ho trovato interessante la guarigione a fasi... molto significativa.
RispondiEliminaBel post davvero, Barnaba, notevole l'applicazione per il nostro tempo. Mi da spunto per una riflessione. Il cambio di paradigma che doveva avvenire nella mente dei discepoli ... Annunciato come liberatore, condottiero e Re, invece doveva essere scannato come un agnello. Il punto di domanda e' questo: Il Messia liberatore era una favola giudaica insegnata dai Sacerdoti o erano profezie ben precise e circostanziate contenute nelle scritture? E se erano profezie ben precise, lette e insegnate al popolo nel tempio e nelle sinagoghe per secoli (ad esempio Daniele 2:44), perché non si sono adempiute in quel tempo, visto che il messia e' arrivato davvero? Possiamo davvero liquidare tutto con una frase tipo WT per il 1975, "i discepoli avevano capito male"? Che ne pensi?
RispondiEliminaBelle domande che meriterebbero approfondimenti e il contributo di altri lettori più preparati di me.
EliminaPersonalmente credo tali profezie si siano adempiute e il Messia venne come liberatore a quel tempo, solo non secondo le interpretazioni che i maestri avevano dato.
Poco dopo infatti il sistema di leggi e sacrifici atti a evidenziare l'impossibilità del popolo di seguire ogni dettaglio e quindi ottenere l'approvazione secondo le opere venne spazzato via. Gesù versando il suo sangue liberò non solo gli ebrei, ma gente di tutte le nazioni (giov.10:16) conducendole insieme al rimanente fedele giudaico in un solo gregge sotto un solo pastore.
Le comunità cristiane che si formarono erano piuttosto autonome, infatti c'erano alcune correnti di pensiero e molta più libertà di coscienza rispetto ad oggi. Tuttavia esistevano alcuni punti fermi, come credere in Gesù come unico capo dell'ekklesia, Salvatore, condottiero.
L'errore immagino fosse nel voler leggere solo ciò che si conformava alla propria idea scartando come dettagli le profezie "scomode".
@Libero pensatore sulla natura del messia il pensiero Cristiano è un monoblocco piuttosto coerente che vede in Cristo l’adempimento delle profezie del vecchio testamento mentre ora attendiamo la parousia il regno messianico Matteo 24:44. Semplifico un po’ questa seconda venuta l’aspettativa è identica a quella ebraica in entrambi i casi aspettiamo il ripristino politico del regno di Dio sulla terra. Daniele 2:44 non ha adempimenti profetici legati alla prima venuta di Gesù.
Elimina