venerdì 27 aprile 2018

“Non dirlo" il vangelo di Marco.

Alessandro Veronesi è uno scrittore italiano. Vincitore del premio strega con Caos Calmo l'ultima sua fatica letteraria è intitolata "Non dirlo" interamente dedicata al vangelo di Marco. Veronesi tratta il vangelo da non religioso, lettura laico cattolica anche se frammentate da boutade rimane più utile per la visione di insieme che per l'accuratezza dei dettagli. Il libro redatto nel 2015 ha fatto seguito l'interpretazione teatrale (2016) nel video linkato dove l'autore intrattiene il pubblico in un monologo da masticare. Il Vangelo di Marco è stato sempre un po' bistrattato Veronesi che si dichiara voce fuori dal coro si impegna in un endorsement che testimonia lo stato di agonia della cristianità generale. Buona visione.





Intervista alla Voce di New York con alcune interessanti considerazioni sui temi cristianità e proselitismo ( link )
Perché secondo te un testo del genere ha bisogno del teatro?
sandro veronesi
Perché è il modo in cui è stato scritto. È scritto per la presenza, è un’esperienza corporea, fisica a contatto con le persone. Sentivo che il lavoro non era completo senza questo contatto. Allora mi sono arrischiato a fare una cosa che non avevo mai fatto prima e che probabilmente non farò più, e non era una cosa che potevo affidare a un attore: ero io stesso che dovevo completare il lavoro portandomelo addosso. E di teatro c’è solo questo: un rapporto tra un corpo e un pubblico attraverso un testo. Ed è un’esperienza nuova come di fatto doveva essere un’esperienza nuova il Vangelo. D’altra parte fino al Concilio vaticano secondo, ovvero fino alla metà del secolo scorso, la lettura del Vangelo non era incoraggiata, quando non era addirittura vietata. O eri un maestro oppure dovevi leggere il Vangelo in presenza di un maestro. Mentre i protestanti mettevano addirittura le bibbie e i Vangeli nei cassetti dei motel, nella Chiesa cattolica romana la lettura del Vangelo era sconsigliata. Poi c’è stata un’apertura. Io il Vangelo di Marco ho cominciato a leggerlo perché me l’ha mandato a casa il papa.
Infatti nella premessa del tuo libro lo racconti: per il Giubileo a Roma il papa mandò a casa dei romani copie del Vangelo di Marco per riportare la città verso la spiritualità. Da non credente, questa cosa non ti ha minimamente infastidito? Non ci hai visto un tentativo di proselitismo?
Una cosa problematica per tutti i non credenti nei confronti del cristianesimo è questa fissazione dell’universalità. La religione ebraica, per esempio, non cerca di convertirti, anzi, quasi sdegnosamente ti tiene fuori perché loro hanno il verbo e non fanno proselitismo. Invece il cristianesimo nasce con questo input, che viene da Cristo stesso, di fare della Chiesa cristiana una chiesa universale. Negli anni della mia formazione, che è stata molto laica, mi pareva che un dialogo vero con il mondo cattolico non fosse possibile perché nel momento in cui gli toglievi la possibilità di convertirti gli toglievi anche qualunque interesse nei tuoi confronti. Però mi sembra che ora le cose siano un po’ cambiate e che oggi la Chiesa abbia più un problema di mantenimento che di conquista. Ora la popolazione cristiana nel mondo è molto estesa e il rischio è di non riuscire a impedire una secolarizzazione e un inaridimento progressivo dei territori già cristianizzati. E quindi la strategia è cambiata e io la percepisco meno invasiva. L’intenzione delle iniziative che hanno accompagnato il Giubileo, per esempio, era di risvegliare la spiritualità e non di imporre una religione che, a Roma in particolare, si dà più o meno per scontata: va rivitalizzato qualcosa che sembra spento. Per un laico questo è molto meno fastidioso perché lo sforzo non è puntato su di te che sei fuori ma su chi è dentro e deve riscoprire quei valori. Io laico posso anche non saperle o sentirle certe cose ma il credente deve sentire come la presenza di Cristo dentro di sé lo rivoluziona. E se perde questi valori allora il pastore brandisce lo strumento arcaico, lo stesso che convertì i romani duemila anni fa e che diventa strumento di ri-conversione.

3 commenti:

  1. "oggi la Chiesa abbia più un problema di mantenimento che di conquista. Ora la popolazione cristiana nel mondo è molto estesa e il rischio è di non riuscire a impedire una secolarizzazione"

    Se non sapessi stesse parlando dei cattolici, avrei pensato fosse un consapevole preoccupato per la piega che stanno prendendo i TdG.
    Effettivamente, se ci pensate anche con la predicazione c'è più la tendenza a tenere dentro chi c'è, più che acquisire nuovi adepti (cosa sempre più complessa con anche con le informazioni che girano). La secolarizzazione poi, la Chiesa Cattolica apre la strada anche in questo ma stiamo velocemente recuperando il gap che ci separa da lei

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  2. Guarda ho messo questo passo dell'intervista di Veronesi perchè è esattamente quello che ho pensato io. La predicazione che è diventata un motore motivante per rimanere anzichè l'opera salvifica di ricerca nuovi adepti. Tutti temi del mondo cattolico che si sovrappongono in modo anomalo con parte della nostra realtà. Non c'è proprio verso non ci sono alternative anche i processi di riforma possono solo accelerare nella secolarizzazione. Quello che vedo è che la trasformazione in convento multinazionale del terzo millennio sia ormai completata. La creazione di un clero con i voti simili a quelli delle confraternite cattoliche e poi tutti gli operai che sostengono il clero e quindi la struttura.

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  3. Interessante il video... bravo Veronesi.

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Grazie per il commento.