“Lo affrontai di persona” è il tema del discorso iniziale dell’adunanza infrasettimanale in programma nella settimana del 27 Maggio 2019. 
 
Si basa sull’episodio raccontato dall’apostolo Paolo in Galati 2:11-14  
 
Pietro
 sapeva benissimo che Dio non è parziale, anni prima con una visione gli
 aveva fatto capire di non considerare impure le cose a prescindere, se 
era evidente che Dio
 stesso le aveva purificate. Lo stesso valeva per le persone. Questo lo 
preparò ad incontrare Cornelio un gentile e pure soldato che Gesù 
dimostrò di approvare ancora prima che fosse battezzato, mandando lo 
spirito santo. Alla faccia di chi credeva che l’approvazione divina fosse prerogativa esclusiva dei giudei e dei loro rituali.   
 
A
 distanza di molti anni Pietro ad Antiochia sembra aver capito la 
lezione difatti sta in compagnia di cristiani non giudei. O forse no? 
 
Quando arrivarono certi ebrei da Gerusalemme,
 evidentemente per timore degli uomini, Pietro si separò dai non ebrei, 
agendo così contrariamente a quanto Gesù stesso aveva indicato. La sua 
condotta ipocrita portò altri tra cui Barnaba a seguire lo stesso 
comportamento. E’ palese che questo modo
 di fare andava contro lo spirito cristiano e danneggiava delle persone 
in un certo senso più deboli, oltre che la nascente comunità cristiana. 
 
Paolo è pubblicamente, ed in modo molto diretto, costretto a correggere Pietro e fa bene a farlo. 
 
Quali lezioni trarne come indica la guida per l’Adunanza? 
 
1)Dobbiamo essere coraggiosi (w18.03 31-32 par. 16). 
 
2)Il timore degli uomini è una trappola (it-2 479 par. 1). 
 
3)I servitori di Geova, inclusi i fratelli che hanno incarichi di responsabilità, non sono perfetti (w10 15/6 17-18 par. 12). 
 
4)Dobbiamo continuare a impegnarci per eliminare qualunque tipo di pregiudizio sia radicato in noi (w18.08 9 par. 5). 
 
Tutti aspetti condivisibili se non fosse che all’atto pratico i riferimenti accanto ad ogni punto finiscano per snaturare le conclusioni che se ne potrebbero trarre. 
 
Al
 punto 1 la Torre di Guardia citata spiega che i coraggiosi devono 
essere gli anziani quando danno consigli, gli altri, i fratelli in 
generale devono solo essere umili ed accettarli per rendere loro più facile il darli. 
 
Al
 punto 2 si fa giustamente notare il pericolo del timore dell’uomo, un 
vecchio problema per Pietro che dopo aver rinnegato Gesù a causa di 
questo timore, dopo circa 20 anni ancora non aveva risolto il problema e
 non per paura dell’arresto ma per la semplice paura dell’opinione degli altri. 
 
Il
 punto 3 invita a non sorprendersi della presenza di errori tra 
l’organizzazione di Dio ma nei paragrafi dei riferimenti e anche quelli 
successivi si capisce che l’obiettivo è stoppare le critiche.
 Una sorella racconta che prega per chi si comporta male perché Geova 
vuole che i suoi servitori vadano d’accordo. Il messaggio e che sugli 
errori bisogna “metterci una pietra sopra”. 
 
Il punto 4 evidenzia che si potrebbe avere pregiudizio anche senza
 rendersene conto, aggiungo che questo episodio dimostra che Pietro 
nonostante il tempo e l’esperienza di Cornelio non aveva lavorato sulla 
sua personalità, era rimasto sostanzialmente un razzista. 
 
Cosa non dice questa parte che invece avrebbe dovuto se trattata in modo onesto e completo?   
 
Ad
 esempio che come l’apostolo Pietro, oggi molti anche in posizioni 
elevate nell’organizzazione mantengono impunemente alcuni pregiudizi sui
 fratelli. Molti discorsi durante le visite di zona dei membri del Corpo
 Direttivo contengono battute infelici che lo dimostrano, ad esempio 
quella di Morris quando in Italia ci aspettavamo la pubblicazione della 
ultima versione della Traduzione del Nuovo Mondo, ci invitò a consolarci
 mangiandoci un cannolo o le battutine costanti sul fatto che ci piace mangiare. Ma se ne potrebbero citare di peggiori. 
 
E’corretto
 non meravigliarsi della presenza di comportamenti errati 
nell’organizzazione ma a volte non basta girarsi dall’altra parte o 
pregare e basta, solo per non turbare
 la quiete. Se siamo noi diretti testimoni di un problema, se non si 
tratta di una semplice opinione personale, se sono implicati dei 
principi o si commettono abusi sui più deboli non si può “lasciare la 
cosa nelle mani di Geova”, come l’apostolo Paolo si deve intervenire. 
 
E qui arrivano le altre due lezioni, evitare il timore dell’uomo e avere coraggio. 
 
Pietro
 era stato con Gesù, era apostolo da più tempo di Paolo, aveva quella 
che chiameremmo esperienza maggiore, Paolo si poteva chiedere: che faccio lo dico o non lo dico? 
 
Se
 avesse avuto timore o tenuto conto della posizione nell’organizzazione 
sarebbe rimasto in silenzio, anche noi potremmo trovarci a dover fare 
una simile scelta davanti a chi ha apparentemente un’esperienza maggiore
 o una posizione più alta. 
 
Inoltre
 Pietro ci viene detto facesse parte del Corpo Direttivo di Gerusalemme,
 ammesso che esistesse un organismo del genere a quel tempo, Paolo si 
sarebbe potuto chiedere: lo riprendo o no un membro del Corpo Direttivo?
 Si può fare? Visto la posizione che occupa me la farà pagare? 
 
In fondo se Gesù lo ha messo lì ci penserà lui a risolvere la questione. 
 
E invece no! Coraggiosamente intervenne con una correzione pubblica e diretta perché quella serviva.  
 
Attenzione quindi a non idolatrare le persone
 “importanti”, attenzione a non trovare alibi per non fare il nostro 
dovere. Lasciare le cose nelle mani di Geova in questo caso non sarebbe 
stato un atto di fede ma l’alibi dei vigliacchi. Le mani di Geova 
potrebbero essere le nostre quando vediamo un problema in congregazione e possiamo e dobbiamo “affrontarlo di persona”. Paolo lo insegna. 
 
E
 Pietro, membro del Corpo Direttivo, si prende la sua riprensione 
pubblica senza inventarsi che quelle erano false notizie e bugie sul suo
 conto raccontate dai nemici del cristianesimo fatte girare in una falsa lettera ai Galati. Umilmente si prende la sua brutta figura e zitto! 
 
Anche lui a modo suo affrontò il problema di persona. 
 
Chissà se da qualche parte qualcuno in adunanza tutto questo lo avrà detto...