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mercoledì 20 febbraio 2019

Il punto di vista biblico: Dovrebbe esistere la distinzione fra clero e laicato?

Questo era l'interessante titolo di un articolo della rivista Svegliatevi di Agosto 2009. Nell'articolo in questione si evidenziava come nei tempi apostolici non vi fossero gruppi o ordini che potessero dividere i fedeli in qualche forma di clero e laicato. Come questo fosse avvenuto a posteriori e fosse la cartina di tornasole di un guastarsi dello spirito cristiano originale, viene dimostrato con la citazione di una enciclopedia che dice:

“Si creò gradualmente una divisione tra clero, costituito dagli officianti, e laicato, composto da tutti gli altri . . . I ‘comuni’ fedeli della Chiesa cominciarono a essere visti come una massa di persone senza alcuna competenza”. (Encyclopedia of Christianity)

Questa differenziazione divenne più netta nel III secolo E.V., oltre duecento anni dopo la venuta di Gesù Cristo. Correttamente veniva spiegato come lo stesso Gesù avesse espresso la sua idea in merito a possibili divisioni in classi e gruppi con le parole che troviamo in Matteo 23:8, quando disse: “Voi siete tutti fratelli”. Naturalmente, questo non stava a significare che non vi potessero essere diverse competenze all'interno delle comunità cristiane, non tutti erano pastori ad esempio, ed ognuno nella ekklesia aveva un posto diverso, così come gli organi di uno stesso organismo non potevano essere tutti uguali.

Ma il “voi siete tutti fratelli”, presupponeva che la funzione che ognuno svolgeva per la comunità non lo rendesse diverso da tutti gli altri, ne poteva rinchiudersi in un circolo, una casta, un'ordine monastico che desse anche solo l'idea che fossero tutti frateli ma qualcuno fosse più fratello di qualcun altro. L'articolo identificava almeno 6 pericoli insiti nella creazione di una classe clericale:

1. L’esistenza di una classe clericale implica che si debba avere una speciale vocazione per essere ministri di Dio.
2. La distinzione fra clero e laicato esalta la classe clericale, com’è evidente dall’uso di titoli ossequiosi.
3. Un clero stipendiato può imporre un pesante onere finanziario sui fedeli, soprattutto se ha un alto tenore di vita.
4. Un ecclesiastico che dipende economicamente dai fedeli potrebbe essere tentato di annacquare il messaggio della Bibbia per compiacerli.
5. La distinzione fra clero e laicato può indurre le persone comuni a demandare la religione al clero...
6. Se non conoscono la Bibbia, i laici possono essere facilmente sviati dagli ecclesiastici, o addirittura sfruttati.

La conclusione dell'articolo ricordava come, a differenza di altre confessioni religiose, i Testimoni di Geova non siano divisi in classi, tipo laici e clero. A distanza di anni da questo articolo, ne troviamo un altro presente nella Torre di Guardia edizione per lo studio di Aprile 2017 (visionabile tranquillamente sul sito jw.org) dal titolo:

“Il voto che hai fatto, pagalo”

Che rapporto esiste tra quello del 2009 e questo? L'argomento dell'articolo sostanzialmente ruota sulla necessità di essere persone affidabili, che quando prendono un impegno e danno una parola non se la rimangiano durante il cammino, ne per così dire vogliano cambiare i termini di un contratto dopo che l'hanno sottoscritto. Seguono esempi biblici che richiamano l'attenzione sul mantenere i propri voti o promesse. Per quanto riguarda i Testimoni di Geova, anche senza leggere l'articolo ci viene in mente subito il voto di dedicazione, che chi si battezza ha fatto a suo tempo. Infatti, c'è un apposito sottotitolo che lo ricorda: IL NOSTRO VOTO DI DEDICAZIONE. Diciamo che, per quanto attiene alle promesse di tipo direttamente religioso, (esludendo il matrimonio e simili) l'articolo dovrebbe esaurire li l'argomento con quello che è l'unico voto che coinvolge tutto il gruppo o classe esistente tra i Testimoni. Ma, sorpresa c'è un altro sottotitolo: IL VOTO DEI SERVITORI SPECIALI A TEMPO PIENO

E questi chi sono, e cos'è questo voto?

Diciamo subito che è necessario leggere con attenzione il sottotitolo per capire che non stiamo parlando di chi serve a tempo pieno e basta. C'è quella parolina, “speciali” che ci fa comprendere che parliamo di un altro gruppo di persone all'interno dell'organizzazione. Un gruppo che non è identificato dalla mansione che svolge, ma addirittura da un voto separato, non un voto personale ma su carta e aggiuntivo rispetto a quello che tutti i Testimoni di Geova hanno fatto. Al paragrafo 19, scopriamo che nemmeno tutti i pionieri regolari che svolgono il loro servizio a tempo pieno, fanno parte di questo gruppo ma solo beteliti, chi è coinvolto in progetti di costruzione, sorveglianti di circoscrizione, insegnanti sul campo, pionieri speciali, missionari oppure i custodi presso una Sala delle Assemblee o la sede di una scuola biblica. E udite udite fanno un voto diverso dagli altri di cui mai abbiamo sentito parlare in relazione ai Testimoni, il “Voto di ubbidienza e povertà”. I Domenicani, i frati Francescani ed altri ordini religiosi fanno questi voti (fatevi un giro su internet), tra cui ora anche l' ORDINE MONDIALE DEI SERVITORI SPECIALI A TEMPO PIENO dei Testimoni di Geova.

E' un clero? Vi do' qualche informazione e giudicate da voi…

Chi fa parte di questo Ordine riceve una nomina speciale direttamente dal Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova, tutti gli altri: proclamatori locali, pionieri ausiliari e regolari, servitori di ministero e anziani locali, no. Chi fa parte di questo Ordine viene materialmente sostenuto come disposto dal Corpo Direttivo ricevendo vitto, alloggio, assicurazione sanitaria/previdenziale, rimborso spese e nel caso dei Viaggianti anche la macchina, tutti gli altri: proclamatori locali, pionieri ausiliari e regolari, servitori di ministero e anziani locali, no. Anzi questo Ordine dipende materialmente dalle contribuzioni di questi ultimi. (punto 6 della Svegliatevi?) Chi fa parte di questo Ordine può essere rimosso solo dal Corpo Direttivo, fa un voto di obbedienza ufficiale, su una dichiarazione scritta apposita. I casi giudiziari dei componenti questo Ordine vengono trattati da anziani che appartengono al loro stesso ORDINE, tutti gli altri: proclamatori locali, pionieri ausiliari e regolari, servitori di ministero e anziani locali, dai Viaggianti e dai componenti del loro stesso “ordine” (minuscolo voluto). Mancano i titoli altisonanti direte, sbagliato! Al prossimo congresso fate caso alle presentazioni degli oratori tipo: ...lasciamo ora la parola al fratello….membro del Comitato della Filiale..., da...anni nel servizio a tempo pieno, nonché….(e giù applausi)

È assai sorprendente che le ricchezze degli uomini di Chiesa si siano originate da princìpi di povertà. (De Montesquieu)


( Post di Gamma Osservatore Teocratico 2017-04-05 14:14:08 )

giovedì 7 febbraio 2019

ME NE FREGO!

Me ne frego, è il motto di D’Annunzio fatto proprio dagli Arditi e poi dalla filosofia fascista.
Quel “me ne frego”, assurto a simbolo di sprezzo del pericolo e temerarietà, oggi rimane associato all’idea virile del regime fascista e al moderno desiderio di non conformarsi alle regole imposte. 

Ed è di quest’ultimo tipo di “me ne frego” che voglio fare cenno oggi, il rifiuto delle regole a prescindere, a prescindere dalle leggi, a prescindere dal buon senso e dalla correttezza che dovrebbe essere propria di tutti ma più che mai di chi si dichiara cristiano e Testimone di Colui che è dipinto come la quintessenza dell’amore e della giustizia.

E’ noto a tutti che la LEGGE 22 dicembre 2017, n. 219 ha codificato la possibilità personale di predisporre le disposizioni anticipate di trattamento, le cosidette DAT.

La WTS/JW non si è lasciata sfuggire l’occasione ghiotta di ristampare il famoso modulino di rifiuto delle trasfusioni adeguandolo alla nuova legge (ovviamente solo per la parte che le interessava) affinche la volontà “prestampata” relativa alle trasfusioni potesse essere rispettata assieme a quella da aggiungere da parte dei singoli Testimoni nella parte vuota del foglio per quanto attiene alle cosidette frazioni o altri tipi di trattamento.

Quando fu distribuito il nuovo modulo per le DAT fu spiegato chiaramente che per avere pieno valore si sarebbe dovuto scegliere un fiduciario che perorasse la nostra causa in caso di incoscienza e far registrare il documento presso gli uffici del comune. Il tutto, a parte la sezione prestampata, dava la senzazione di rispetto della legge, della libertà di scelta degli individui personalmente chiamati ad agire per far valere le “proprie decisioni” e della privacy relativa alle proprie scelte mediche.

Lo schema ufficiale del 08/05/2018 trattato alle adunanze sull’argomento spiegava: 

“Una volta registrato o autenticato il documento, dovrete fornirne una copia (1) ai vostri fiduciari; (2) al vostro medico oppure all’ospedale, ad esempio in occasione di un ricovero; (3) a un fratello fidato, forse il segretario della congregazione, che la conserverà in un luogo sicuro ma accessibile.”

E’ logico e richiesto dalla legge che il fiduciario debba avere copia delle DAT altrimenti come le farà rispettare? E’ logico e richiesto dalla legge che le DAT siano trasmesse/consegnate al medico che ad esempio dovrà procedere ad un intervento chirurgico. Ma il punto 3 dello schema non ha niente a che vedere con le esigenze di legge. 

A questa obiezione è stato detto che a volte darne una copia ad un terzo permette di averla disponibile in caso non la si avesse appresso, ma allora il fiduciario che ci sta’ a fare?

In alcune congregazioni zelanti anziani stanno non solo offrendo giustamente informazioni su come far registrare le proprie DAT, ma attraverso i SOG (sorveglianti di gruppo di servizio) stanno andando oltre la legge, chiedendo con insistenza di sapere chi ha compilato il modulo delle DAT e chi no così da avere una lista.😠

Stanno chiedendo ai proclamatori di avere una copia delle DAT, pur non essendo i fiduciari, con la scusa di tirarle fuori in caso di dimenticanze. Il punto 3 del famoso schema proponeva di dare una copia ad un fratello fidato “forse” il segretario. Quel “forse” è diventato un obbligo e ci sono corpi di anziani che stanno collezionando moduli che contengono dati sensibili (perché nelle DAT voi andate a scrivere anche che malattie o allergie avete, che farmaci prendete e cose simili) per avere un database in mano al segretario, il tutto fregandosene bellamente delle leggi sulla privacy e non dando alcuna garanzia su come i vostri dati vengono tenuti al sicuro e lontano da occhi indiscreti.

Questo avviene specialmente nelle congregazioni dove sono presenti membri del Comitato di Assistenza Sanitaria dei Testimoni di Geova. A questi membri, nelle riunioni del suddetto comitato è stato espressamente dato mandato a voce 😈, di controllare con attenzione che tutti i proclamatori compilino le DAT e ne consegnino copia agli anziani.

Altri zelanti anziani stanno andando nelle sedi del comuni a procurasi appuntamenti per conto dei proclamatori affinché vadano a registrare le DAT. Questo “movimento” per conto terzi sta’ insospettendo alcuni funzionari comunali che hanno espresso il dubbio che le DAT dei Testimoni di Geova siano registrate non per un atto di volontà dei singoli, quanto per lo stretto controllo che viene esercitato sulle loro scelte da parte della congregazione. 

Che dire, tutto questo dimostra rispetto per la libertà delle persone? La lista dei buoni e dei cattivi che non compilano le DAT è il riflesso dell’amore di Geova? La creazione forzata di database con le DAT dei singoli proclamatori è la manifestazione del rispetto delle leggi sulla privacy? L’approssimazione con la quale verranno custodite le nostre informazioni sensibili dimostrano aderenza alle leggi e al buon senso?

Se a seguito di esposto la polizia cominciasse a perquisire gli archivi delle congregazioni presenti anche nelle case dei segretari, troverebbe tutto in regola? 😱😱😱

Temo che i fatti portino tutti ad una sola filosofia di gestione organizzativa, non quella del Cristo ma quella del ME NE FREGO! 

GAMMA

Aggiornamento: A tutti i Sorveglianti di circoscrizione è stato comunicato di fare un sondaggio sulle DAT.
Agli anziani è richiesto di fornire dati che poi saranno inviati alla filiale per cui il segretario o il sorvegliante di gruppo della congregazione girerà con un elenco per chiedervi conto di cosa avete o non avete ancora fatto in merito. Il "sondaggio" mira a sapere quanti hanno compilato le DAT, quanti le hanno fatte registrare al comune di residenza, chi non lo ha ancora fatto, o non ha intenzione di farlo.

Il tutto come ovvio nel più assoluto dispregio delle leggi sulla privacy e della vostra libertà. E poi saremmo quelli che rispettano le leggi, …"ma mi faccia il piacere!"

Gamma

mercoledì 23 gennaio 2019

Io sono l'unico rimasto


Risultati immagini per io sono leggendaIo sono l’unico rimasto, queste furono le parole pronunciate dal profeta Elia fuggito per evitare di essere ucciso dalla malvagia regina Izebel. 



E’ interessante riflettere su quello che il racconto biblico dice accadesse ai giorni di Elia. Questo uomo, riconosciuto nella storia degli ebrei come uno dei più grandi profeti e citato perfino da Gesù, aveva un grande problema, era e si sentiva solo. Cosa c'era di strano?
Purtroppo, quello che lo amareggiava e lo faceva sentire solo, era legato al fatto che voleva si affermasse ciò che era giusto e che il suo Dio fosse amato e rispettato.
Sorprendentemente però, non erano i popoli pagani contemporanei di Elia che non amavano la giustizia e non rispettavano Geova, era il suo stesso popolo. Quel popolo che aveva giurato fedeltà a Dio e alle sue leggi, poco alla volta aveva finito per cambiare leggi e per cambiare dio, erano diventati adoratori di Baal, oltre questo chi aveva responsabilità dava l’ostracismo a chi richiamava l'attenzione sul problema.
Elia che aveva sfidato con coraggio i profeti di Baal, che aveva combattuto senza paura perché gli ebrei smettessero di andare dietro ad un dio falso e tornassero alle origini, era un fuggiasco per salvarsi la vita, e ora chiedeva addirittura al suo Dio di togliergli quella stessa vita che fino a poco prima voleva salvare: Ora basta! O Geova, toglimi la vita, perché non sono migliore dei miei antenati”.
Cosa lo aveva portato in quello stato? Aveva una certezza: “Io sono l’unico rimasto”
La solitudine non era un problema solo per Elia, anche uno tra i mostri sacri del cristianesimo dovette farci i conti, l’apostolo Paolo.
Come Elia, l'apostolo Paolo ci viene presentato come uno che faceva le cose nelle quali credeva con grande trasporto e determinazione. La passione che aveva messo da Fariseo nella persecuzione dei cristiani ora, una volta convertito, l'aveva messa al servizio del suo vecchio nemico il cristianesimo, al punto da riuscire ad aprire senza paura nuovi territori tra i pagani e gli adoratori di divinita sconosciute.

Tanta passione e tanto coraggio l'avevano reso molto amato da coloro ai quali aveva annunciato la buona notizia e per i quali era diventato “la madre” e “il padre” che li aveva generati in senso spirituale.
Eppure, sul finire della sua vita, prigioniero in una casa a Roma, nello scrivere quello che appare essere il suo testamento a suo “figlio” Timoteo (la seconda lettera), Paolo ci sembra quasi amareggiato e lasciato praticamente solo.
Scrive a Timoteo: “Come tu sai, tutti quelli nella provincia dell’Asia mi hanno abbandonato, inclusi Figèllo ed Ermògene.” (2 Tim. 1:15) e continua al cap. 4:9: “Fa’ tutto il possibile per venire presto da me, perché Dema, avendo amato l’attuale sistema di cose, mi ha abbandonato e se n’è andato a Tessalonica, Crescente è andato in Galàzia, Tito in Dalmazia.”.

Non era la prima volta che Paolo veniva abbandonato da chi avrebbe dovuto sostenerlo, scrive ancora: “Nella mia prima difesa nessuno è stato al mio fianco; mi hanno abbandonato tutti, ma questo non sia imputato loro.” (2 Tim. 4:16).
Se siamo soli, se a causa della nostra consapevolezza siamo costretti a tenere i nostri pensieri prigionieri, perché chi avrebbe dovuto sostenerci ci ha voltato le spalle o perché il nostro desiderio che si affermi ciò che è giusto, ci costa l'isolamento da chi dovrebbe volere la stessa cosa, prendiamo coscienza che altri prima di noi hanno vissuto questa esperienza.
Cosa li aiutava ad andare avanti?
Per quanto riguarda l'apostolo Paolo è lui stesso che più volte lo rivela, in Filippesi 4:13 ad esempio scrive: “Per ogni cosa ho forza grazie a colui che mi dà potenza”, ed a Timoteo dice: “Il Signore però mi è stato vicino e mi ha infuso potenza, affinché per mezzo mio la predicazione della buona notizia fosse compiuta pienamente e tutte le nazioni la ascoltassero...” (2 Tim. 4:17).
Affidarsi a Dio e stare vicino a Gesù aiutò Paolo a non sentirsi solo. Cosa aiutò Elia?
Come sapete Dio gli rivelò che si sbagliava. Al suo: “Io sono l’unico rimasto”, Dio rispose: “...in Israele ho ancora 7.000 persone, tutti coloro che non hanno piegato le ginocchia davanti a Bàal...”.
Non era l'unico consapevole! Altri la pensavano come lui.
Sarà stato bello per Elia sapere che non era l'unico matto a non sopportare quanto accadeva nella nazione di Israele e a voler cambiare le cose.
Eppure non era quello che serviva ad Elia per andare avanti. Lo sappiamo perché Geova in quel momento curiosamente non gli fece nemmeno un nome di quelli tra i 7000 consapevoli che magari avrebbe potuto conoscere, ne gliene presentò qualcuno.

Il racconto di 1 Re 19 ci dice cosa fece Elia per rafforzarsi davvero: ”Elìa allora si alzò, mangiò e bevve, e con la forza datagli da quel cibo proseguì per 40 giorni e 40 notti finché non raggiunse l’Hòreb, il monte del vero Dio.”   
Elia era un profeta che con Geova parlava quotidianamente e Lui gli rispondeva. A cosa serviva allora andare al monte di Dio, l'Horeb?
Forse che tutto questo lottare per Dio e per ciò che era giusto l'aveva portato a dimenticare di lottare con Dio, e paradossalmente l’aveva un po' allontanato da lui?
Per andare avanti Elia doveva fare quel viaggio e riavvicinarsi a Dio.
Se sei solo, se ti senti solo, sappi che non sei il solo.
Non sei “l’unico rimasto” ci sono persone ieri come oggi in posti come questo che lottano come te e che non hanno piegato le ginocchia al Baal dei nostri tempi. Tuttavia non è questo quello che veramente ti farà andare avanti e non sentire più abbandonato, serve fare quel viaggio...




Post di Gamma Forum Osservatore Teocratico 2018-03-07 07:54:42

sabato 19 gennaio 2019

Abbiamo lo stesso senso di giustizia che ha Geova?

Risultati immagini per giustiziaQuesto è il tema del secondo di due articoli Torre di Guardia di Aprile 2017 (edizione per lo studio) dedicati al tema della giustizia. Lo scopo dichiarato per tutti e due articoli nella premessa della rivista è il seguente:
“Quando pensiamo di aver visto o subìto un’ingiustizia, la nostra fede, la nostra umiltà e la nostra lealtà potrebbero essere messe alla prova. In questi articoli esamineremo tre episodi biblici che ci aiuteranno ad avere lo stesso concetto di giustizia che ha Geova”.
Gli episodi biblici presi in esame sono: quello di Giuseppe, quello della famiglia di Nabot calunniato e ucciso da Acab per prendergli la vigna, e poi quello dell’apostolo Pietro per il suo comportamento ipocrita. Lo scopo reale però, è ben diverso da quello dichiarato, basta leggere bene la premessa “Quando pensiamo di aver visto o subìto un’ingiustizia...”.
Perché non è stato scritto “quando abbiamo visto o subìto un’ingiustizia”?
Scrivere in questo secondo modo legittimerebbe l’esistenza di una ingiustizia reale che di conseguenza provoca una reale rabbia e una reale necessità di intervento da chi ne ha facoltà. La frase della premessa invece, permette un interessante giochino in entrambi gli articoli, fatto ai danni di chi vede o subisce un trattamento ingiusto, ovvero la ripetizione ipnotica dei concetti che riporto letteralmente di seguito e che trovate disseminati nei vari paragrafi:
- Come reagiremmo se pensassimo di essere stati vittime di qualche ingiustizia… (leggi: è la tua immaginazione)
- Quando si verificano situazioni del genere, che peraltro sono rare
- ...potremmo erroneamente concludere (leggi: è la tua immaginazione) che nella congregazione sia stata fatta un’ingiustizia a noi o ad altri.
- il nostro modo di vedere le cose risente dell’imperfezione o perché non conosciamo tutti i fatti (leggi: è la tua immaginazione e sei tu l’ingiusto se ti arrabbi)
Se pensiamo di aver subìto un’ingiustizia (leggi: è la tua immaginazione) , dovremmo stare attenti a non fare pettegolezzi. (leggi: sei tu l’ingiusto se ti arrabbi)
-potremmo renderci conto che in realtà non siamo stati vittime (leggi: è la tua immaginazione) di un’ingiustizia.
- faremmo bene a ricordare che parlare di qualcuno in modo offensivo (leggi: sei tu l’ingiusto se ti arrabbi) non migliorerà la situazione
-lasciamo che sia Geova a intervenire (leggi: ma lui non lo farà perché tutti pensano sia la tua immaginazione)
- In rare occasioni, potrebbe capitare a noi o a qualcuno che conosciamo di vedere o subire quella che sembra un’ingiustizia nella congregazione
- Vedremo inoltre in che modo essere pronti a perdonare quando assistiamo a un’ingiustizia nella congregazione ci permette di rispecchiare la giustizia di Geova. (è il girarsi dall'altra parte, non il fare qualcosa, se possiamo, che ci rende giusti)
- In questo caso, l’umiltà li avrebbe protetti: li avrebbe aiutati a non smettere di servire fedelmente Geova (leggi: continua a fare tutto come prima e zitto altrimenti non sei umile), consapevoli del fatto che per Dio non è possibile agire ingiustamente. (leggi: è solo la tua immaginazione)
- Questo significa che, quando emette un giudizio, Geova tiene in considerazione fattori a noi sconosciuti. (leggi: sei tu l’ingiusto se ti arrabbi)
- Come reagiremmo nel caso in cui gli anziani prendessero una decisione che non capiamo o non condividiamo? (leggi: sei tu l’ingiusto se ti arrabbi)
- In primo luogo, l’umiltà ci porta a riconoscere che non abbiamo il quadro completo della situazione. (Nemmeno se la cosa riguarda te e conosci tutto, è solo la tua immaginazione)
- Questa consapevolezza ci spingerà a essere umili, a riconoscere i nostri limiti e a modificare il nostro punto di vista (l’ingiustizia non cambia, ma tu devi farlo: è solo la tua immaginazione)
aspettare con sottomissione e pazienza che sia Geova a porre rimedio alla situazione (leggi: continua a fare tutto come prima e zitto altrimenti non sei umile)
-E si spera che nessun fratello abbia inciampato per l’errore commesso da quell'uomo imperfetto. (leggi: presa per il …. tanto era lui l’ingiusto se si è arrabbiato)
- saremmo capaci di aspettare pazientemente che sia il capo della congregazione, Gesù, a occuparsene (leggi: ma lui non lo farà perché tutti pensano sia la tua immaginazione)
- e se un fratello che ha sbagliato nei nostri confronti continuasse a servire come anziano o ricevesse ulteriori privilegi, riusciremmo a essere felici per lui? (Leggi: preparati oltre al danno pure alla beffa)
- dobbiamo essere determinati a rispecchiare il senso di giustizia che ha Geova, riconoscendo con umiltà i nostri limiti e perdonando generosamente chi sbaglia nei nostri confronti. (Nemmeno se la cosa riguarda te e conosci tutto, è solo la tua immaginazione, sei tu l’ingiusto se ti arrabbi)
                                               
Dopo siffatti articoli il proclamatore medio viene portato a dubitare di se, dei propri occhi e delle proprie facoltà mentali, se vede o subisce un’ingiustizia. Se si arrabbia, non è l’ingiusto che sbaglia, è la vittima che non è umile e pronta a perdonare. Perciò sii sempre sorridente e non modificare di una virgola il tuo impegno teocratico, altrimenti non sei paziente e anche se ci sono prove inoppugnabili dell’errore stai zitto, altrimenti diventi un calunniatore. Aspetta Geova che beninteso non farà nulla, visto che nessuno di noi avendone le facoltà, si fa’ usare come suo strumento. Se il senso di “giustizia” di Geova è veramente quello illustrato e praticato dalla WTS – JW.org, non meravigliamoci se poi si diventa atei.

Questo è un JW.org Effect!

( Post di Gamma Forum Osservatore Teocratico 2017-06-24 15:42:31 )


giovedì 3 gennaio 2019

Abbi dubbi

Risultati immagini per dubbi
Abbi Dubbi è il titolo di una simpatica canzone del cantautore Edoardo Bennato. In modo leggero il cantante spiega i suoi dubbi su tutto, tranne che su una cosa: il rock’n’ roll. Questo mi da’ lo spunto per ragionare su alcuni aspetti riguardanti il vissuto di molti di noi che sono qui e quello che dovrebbe guidarci al confronto.

Siamo stati convinti che tutto avesse una risposta semplice e certa, bastava trovare il versetto giusto. Siamo stati convinti di aver trovato una cosa che sfugge all’uomo da quando esiste, La verità con la V maiuscola. Ci hanno convinto e ci siamo convinti di aver capito tutto di Geova a dispetto di quello che dice Isaia 55:8,9. Il ritornello che viviamo in un paradiso spirituale di persone imperfette ma che si protendono a cercare di migliorare, ci ha convinti di aver trovato un posto sicuro in cui vivere la nostra spiritualità. Poi è capitato qualcosa, un’esperienza dolorosa, l’incontro inatteso con un’idea che ci ha messo in crisi, un insegnamento che di verità non aveva manco l’odore ma che andava ingoiato turandosi il naso, il dover portare il peso di un dubbio che non potevamo condividere con nessuno, le evidenze che questo paradiso spirituale a volte è un purgatorio, quand’anche un inferno e che non tutti si protendono a cercare di migliorare, anzi alcuni non ci pensano proprio, e nonostante questo, loro si hanno “un posto in paradiso”. E allora le nostre certezze sono andate in frantumi e sono ricominciate le ricerche e le domande e i viaggi in posti come questo. E’ chiaro che qui, a differenza di quanto avvenga con le pubblicazioni e con alcuni rapporti standardizzati che viviamo nelle congregazioni, sia possibile esprimersi con una certa libertà, tirare fuori le nostre amarezze e perfino dubbi che ci portiamo dentro, senza rischiare di subire la versione moderna del rogo della Santa Inquisizione. 

La capacità di ragionare è un grande strumento, come lo è il dubbio. 2 Corinti 10:4, 5 dice: “Poiché le armi della nostra guerra non sono carnali, ma potenti mediante Dio per rovesciare cose fortemente trincerate. Poiché noi rovesciamo i ragionamenti e ogni cosa alta innalzata contro la conoscenza di Dio…” 

Va da se che senza capacità critica e ragionamento, la guerra è persa in partenza. 

E’ altrettanto vero però che questa libertà si rivela, a volte, destabilizzante per noi e per altri.L’aver vissuto delusioni potrebbe portarci a dubitare di tutto a prescindere, il farsi domande potrebbe diventare un’attività fine a se stessa e senza fine, dimenticando che per andare avanti ci serve forza, non risposte. L’apertura mentale invece di farci aprire una finestra verso l’esterno per far entrare aria fresca, potrebbe farci tirare giù tutti i muri di casa, rimanendo in balìa degli elementi. 

Canta Bennato: “non ebbi dubbi solo sul rock ‘n’ roll, nemmeno un dubbio, solo sul rock ‘n’ roll... 

Dubbi si, ma punti fermi ci devono essere. Lo comprese anche Gesù in Matteo 5:17. Non tutto quello che abbiamo creduto o che credono i nostri fratelli va distrutto. E se qualcosa deve esserlo, accertiamoci prima di aver costruito un solido riparo per la fede e la spiritualità. Concludo con una bella poesia di Trilussa (poeta che scrisse in romanesco) dal titolo “ER CARATTERE”, che con ironia fa riflettere sulla necessità di evitare gli estremi:

Un Rospo uscì dar fosso e se la prese cor Camaleonte:

- Tu - ciai le tinte sempre pronte: 

quanti colori che t'ho visto addosso!

L'hai ripassati tutti! Er bianco, er nero, 

er giallo, er verde, er rosso...

Ma che diavolo ciai drent'ar pensiero?

Pari l'arcobbaleno! Nun c'è giorno

che nun cambi d'idea

e dài la tintarella a la livrea

adatta a le cose che ciai intorno.

Io, invece, èccheme qua! So' sempre griggio

perchè so' nato e vivo in mezzo ar fango,

ma nun perdo er prestiggio.

Forse farò ribrezzo,

ma so' tutto d'un pezzo e ce rimango!

- Ognuno crede a le raggioni sue:

- disse er Camaleonte - come fai?

Io cambio sempre e tu nun cambi mai:

credo che se sbajamo tutt'e due.


PS. Spero non serva il traduttore per la poesia, ma nel caso chiedete pure. 


( Post di Gamma Forum Osservatore Teocratico 2017-06-01 05:19:54 )

venerdì 14 dicembre 2018

Opinione o Verità'?

Risultati immagini per verità“Opinione o verità?” buttata lì questa appare una domanda breve e sostanzialmente semplice. Ma opinione e verità sono due concetti tutt'altro che semplici anche se, senza rendercene conto, spesso li usiamo in modo intercambiabile.

Che cosa è la verità”?

Questa domanda la fece Pilato a Gesù in risposta ad una su forte asserzione che troviamo in Giovanni 18,37: “Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità.” Pilato non attese la risposta di Gesù alla sua domanda, anche perché definire esattamente cosa sia la verità in senso assoluto non era e non è tuttora cosa facile.

Dal vocabolario Treccani si ricava questa definizione:
-Carattere di ciò che è vero, conformità o coerenza a principi dati o a una realtà obiettiva….
-Ciò che è vero in senso assoluto….

Cosa è una opinione?

Qui la cosa è più diretta rispetto al concetto di verità.

Il solito Treccani aiuta: Concetto che una o più persone si formano riguardo a particolari fatti, fenomeni, manifestazioni, quando, mancando un criterio di certezza assoluta per giudicare della loro natura (o delle loro cause, delle loro qualità, ecc.), si propone un’interpretazione personale che si ritiene esatta e a cui si dà perciò il proprio assenso, ammettendo tuttavia la possibilità di ingannarsi nel giudicarla tale…

Riassumendo, possiamo dire che ciò che è vero è coerente con fatti puri e semplici, conforme ad una realtà oggettiva e pertanto innegabile. L'opinione per contro è un concetto che si forma in mancanza di certezze e non si basa su elementi oggettivi è piuttosto il risultato di una interpretazione personale che in quanto tale è perfettibile. A volte quando ci esprimiamo in vari contesti, sia di persona che nel mondo virtuale, dobbiamo prestare attenzione e capire se quello che pensiamo sia una opinione o una verità.

L'opinione va' sempre liberamente espressa e pure spiegata, ma ha dei limiti.
Risultati immagini per verità
L'opinione è come se fosse nostra figlia, va tenuta con cura ci mancherebbe, ma nella consapevolezza che ha dei difetti e nella consapevolezza che non è figlia unica, esistono altre figlie imperfette che hanno propri genitori con pari diritto di cura. Le opinioni proprio perché limitate e imperfette non possono essere difese come se non lo fossero.

La verità invece è di tutt'altra pasta non appartiene a nessuno di noi è un po' come una figlia in affidamento condiviso e come tale va curata e difesa da tutti. Per la verità si deve vivere e se necessario si può anche morire. Gesù non pretese mai che qualcuno accettasse la verità quando non era pronto o non voleva farlo, morì lui per la verità, non obbligo altri a morire per le sue verità.

Preferì, come spiego a Pilato, renderle testimonianza con le parole, con l'esempio e a volte con il silenzio. Noi non siamo Gesù, quindi, prima di aprire bocca o tastiera pensiamo che in fondo siamo solo portatori di opinioni, non insistiamo o facciamo guerre a chi la pensa diversamente. E se invece fossimo portatori di verità? Magari, però la verità è ricerca continua non un traguardo. Ma nel caso rendiamole solo testimonianza, il nostro esempio, i fatti e il tempo faranno il resto.





“La verità trionfa da sola, la menzogna ha sempre bisogno di complici.” EPITTETO

sabato 1 settembre 2018

Capuccetto rosso e la Bibbia



Mi scuso in anticipo se prenderò l’argomento alla larga e se per far capire alcuni punti che ritengo importanti mischierò il sacro con il profano. Per parlare di Bibbia partirò da una favola, ma non perché creda che la Bibbia lo sia anzi proprio per il rispetto che le Scritture meritano. Tutti conosciamo la famosa favola nella versione dei fratelli Grimm (1857) dal titolo Cappuccetto Rosso, e la storia di una bimba alla quale la nonna regalò un cappuccetto di velluto rosso che voleva sempre portare. La mamma prepara un pezzo di focaccia e una bottiglia di vino perché la bimba li porti alla nonna debole e malata. Consegna il tutto a Cappuccetto Rosso con la raccomandazione di andare dritta a casa della nonna senza mai deviare dalla strada per andare nel bosco.

Mentre Cappuccetto Rosso va, incontra il Lupo il quale vede l’occasione di fare un buon pasto ma saputo che era diretta dalla nonna malata, si fa dire dove abita ed invita la bimba a deviare dalla sua strada per raccogliere fiori per la nonna nel bosco.
Intanto il Lupo corre alla casa della nonna e dopo essersi fatto aprire con l’inganno si mangia la nonna in un sol boccone e travestitosi con gli abiti della nonna si mette a letto in attesa dell’arrivo di Cappuccetto Rosso. Quando più tardi la bambina giunse dalla nonna, entrò in casa, si avvicino al letto e vide la nonna  coricata con la cuffia abbassata sulla faccia, ma con un aspetto strano. Esclamò allora, "Oh, nonna, che orecchie grandi!" - "Per sentirti meglio." - "Oh, nonna, che occhi grossi!" - "Per vederti meglio." - "Oh, nonna, che mani grandi!" - "Per afferrarti meglio." - "Ma, nonna, che bocca spaventosa!" - "Per divorarti meglio!" E come ebbe detto queste parole, il lupo balzò dal letto e ingoiò la povera Cappuccetto Rosso.

Con la pancia piena, il lupo si rimise a letto e s'addormentò russando sonoramente.
Proprio allora passò lì davanti il cacciatore e pensò di dare un'occhiata alla nonna per vedere se avesse bisogno di qualcosa. Entrato nella stanza e avvicinandosi al letto vide il lupo che egli cercava da tempo. Stava per puntare lo schioppo quando gli venne in mente che forse il lupo aveva ingoiato la nonna e che poteva ancora salvarla. Così non sparò, ma prese un paio di forbici e aprì la pancia del lupo addormentato. Così vennero fuori Cappuccetto Rosso e anche la nonna ancora viva. E Cappuccetto Rosso andò prendere dei gran pietroni con cui riempirono il ventre del lupo e lo ricucirono; quando il Lupo si svegliò fece per correr via, ma le pietre erano così pesanti che subito cadde a terra e morì.

Immaginiamo ora di trattare questo racconto con lo stesso approccio col quale spesso (specie noi TdG) ci avviciniamo alle scritture:

-Apprendiamo in modo inequivocabile, perché la favola non mente, che i lupi parlano o almeno “a quanto pare” (prima del diluvio i lupi)  parlavano.
-Ricaviamo anche l’invito implicito a masticare bene il cibo, difatti il lupo mangia sia la nonna che Cappuccetto Rosso in un sol boccone, ma il lupo era malvagio e in nessuna parte della favola troviamo scritto che le persone per bene mangiassero il cibo in un sol boccone.
-Comprendiamo anche come i lupi andassero uccisi e anche torturati prima, se necessario. Cosa che oggi non facciamo più perché c’è la legge, e vero, ma possiamo lo stesso ricavare il chiaro pensiero su come andassero considerati i lupi.

Mi fermo qui, sperando di aver strappato qualche sorriso ma anche spunti di riflessione.

Nel tentativo di un’analisi troppo letterale e nella ricerca di regole di vita a tutti i costi, pure dove non ci sono o non ci appartengono più, si raggiungono i ridicoli risultati cui ho fatto cenno. Se pensate sia un’esagerazione sappiate che su Cappuccetto Rosso (fonte Wikipedia) si sono ricavate allusioni alla prostituzione, alla maturità sessuale e all’antropofagia. Ma così ci siamo persi l’unica lezione che veramente conta: non fidarsi sempre degli sconosciuti e il pericolo di non ascoltare i consigli dei genitori.

Qualcosa di simile accade quando sbagliamo approccio alla lettura della Bibbia.

Nella TG del w02 15/6 p. 12 par 16 leggiamo:
Durante lo studio evitate di accostarvi alla Bibbia come fanno molti cosiddetti studiosi che si soffermano troppo sull’analisi dei testi come se la Bibbia fosse di origine umana. Alcuni di essi cercano di stabilire per ciascun libro un particolare pubblico di lettori o di immaginare un obiettivo e un presunto punto di vista che lo scrittore di ciascun libro avrebbe avuto in mente. L’effetto di questi ragionamenti umani può essere quello di far considerare i libri della Bibbia come semplice storia o come il riflesso dell’evolversi di una religione. Altri studiosi si dedicano allo studio delle parole, come la filologia della letteratura biblica. Sono più impegnati a studiare l’origine delle parole e a citarne il significato ebraico e greco che a capire l’importanza del messaggio.…”

Gli aspetti appena citati hanno molto di ragionevole, ma ovviamente servono dei distinguo. Primo, la Bibbia, sebbene si consideri ispirata da Dio, è comunque un testo scritto da uomini per altri uomini, anche se disseminati qua e là nei testi troviamo principi che trascendono le epoche e gli uomini che le hanno vissute. Secondo, se non capisco a chi è stato rivolto un passo biblico, il contorno storico e il significato di certe parole rischio di travasare senza elaborarle certe espressioni idiomatiche o enunciazioni che avevano un senso all'epoca in cui furono pronunciate, ma ne hanno uno diverso o addirittura uno inaccettabile ai miei tempi.... 



Per tornare a Cappuccetto Rosso, dire che i lupi sono cattivi e possano essere ammazzati poteva essere accettabile per la mentalità dell'epoca in cui nacque la favola e tenuto conto che forse allora i lupi non erano a rischio d'estinzione, trasportare certe idee ad oggi senza filtro, sarebbe da irresponsabili. Serve sempre avere chiaro il contesto e l'ambiente. Che le cose stiano così lo chiarisce l'anno dopo la TG del w03 1/1 pp. 27-28 al sottotitolo Maneggiate rettamente la Parola di Dio: Secondo un dizionario, per contesto si intende “il complesso delle idee e dei fatti contenuti in un testo o in un discorso, che consente di determinare il senso di un brano, una frase, una parola e [simili], che in tale testo o discorso compaiono”. (Zingarelli, 2002) Lo stesso dizionario definisce il termine contesto anche “il complesso delle circostanze in cui nasce e si sviluppa un determinato fatto”. In quest’ultimo senso un sinonimo di “contesto” sarebbe “ambiente”. È particolarmente importante considerare il contesto di una scrittura a motivo di ciò che l’apostolo Paolo scrisse a Timoteo: “Fa tutto il possibile per presentarti approvato a Dio, operaio che non abbia nulla di cui vergognarsi, maneggiando rettamente la parola della verità”. (2 Timoteo 2:15) Per maneggiare rettamente la Parola di Dio dobbiamo capirla bene e quindi spiegarla onestamente e accuratamente ad altri. Se abbiamo rispetto per Geova, l’Autore della Bibbia, ci sforzeremo di farlo, e considerare il contesto ci sarà di grande aiuto. Quando non si fa' così, invece di dare peso e onore al testo biblico lo si ridicolizza. 
Per fare qualche esempio:In Genesi cap.1 troviamo il racconto della creazione. Come sapete la creazione viene raccontata divisa per giorni creativi, tant'è che ad ogni atto creativo c'è l'espressione: “E si faceva sera e si faceva mattina”, un primo giorno, un secondo e così via.  Per chi ritene che la Bibbia sia ispirata in ogni virgola e che pertanto il suo testo sia intoccabile, questa espressione significa che ogni atto creativo sia avvenuto in un tempo di 24 ore, letteralmente. Poichè ogni aspetto della Bibbia è ispirato e va' accettato, così il suo testo se dice giorno, è giorno. Leggere così, offende l'intelligenza, la logica e in definitiva Dio stesso. Il sole e la luna vengono creati solo nel quarto giorno e solo allora ha inizio la possibilità di contare il tempo dal punto di vista terrestre e di dividere il giorno dalla notte, non prima. I “giorni” di Genesi cap.1 sono perciò un'espressione che si riferisce a periodi di tempo che non possono essere quantificati umanamente.

Altro esempio dal racconto della creazione in Genesi capitolo 1:

La sequenza degli atti creativi, se è scritta così significa che voleva raccontarci esattamente e letteralmente come sono avvenute le cose?   Ricordiamo che il racconto è relativo a tutto ciò che riguarda direttamente la nostra terra, non altro. Al versetto 3, il primo giorno, Dio crea la luce e fa' una divisione tra il giorno e la notte. Ma non ci sono i luminari, come si spiega la differenziazione giorno-notte rispetto al nostro pianeta visto che per avere questa differenza serve il sole? Il terzo giorno (lungo e non quantificabile periodo) Dio crea la vegetazione sulla terra, ma non c'era il sole che viene creato nel quarto giorno, come poteva la vegetazione sopravvivere così a lungo, portare frutto e svolgere la necessaria fotosintesi clorofilliana?

Fermiamoci qui. Possiamo dire che gli uomini che scrissero quel testo non avevano e forse non volevano nemmeno dare, una idea ispirata e scientifica di quello che accadde. Per cui leggere in maniera rigida il testo lo porterebbe solo ed essere rifutato. Se invece accettiamo che essi abbiano voluto, con gli strumenti che avevano a disposizione, solo trasmetterci il fatto che quanto esiste sia il frutto di un'azione intelligente e voluta da un Creatore e darci un'idea della complessità di quello che ci circonda, allora tutto assume un'altro significato ed è perfettamente condivisibile. Avvicinarsi alle Scritture tenendo conto di questi fattori ci evita di farne una lettura integralista, ci evita l'imbarazzo di dover giustificare racconti non coerenti perché ci interesserà relativamente la loro perfetta aderenza storica, ma ci limiteremo a trarne, dove possibile, le lezioni che ci servono nel caso ve ne fossero. Lezioni che non è detto siano sempre valide. E qui si griderà alla scandalo perché non è forse vero che in Malachia 3:6 Geova asserisce di non essere cambiato, quindi quello che dice rimane sempre e comunque valido? Se leggiamo così le Scritture finiamo per trovarci fuori strada e fuori dal tempo. Geova cambia idea, eccome! E' più flessibile ed intelligente degli uomini che oggi, come gli antichi sacerdoti, tentano di spiegare Dio stesso.

Un solo esempio, Gesù e la questione del divorzio.
Gesù, come leggiamo in Matteo 19 affronta la questione citando il racconto di Genesi e racchiudendo il tutto nella frase: “Perciò, quello che Dio ha aggiogato insieme l’uomo non lo separi”. L'indissolubilità del matrimonio così ribadita, sorprende i suoi ascoltatori che gli rispondono: “Perché dunque Mosè prescrisse di darle un certificato di ripudio e di divorziare da lei?”. La domanda era pertinente perché, a meno di non accettare il fatto che Mosè abbia dato una sua personale legge agli israeliti, quella era una Legge data da Dio in persona. La risposta di Gesù: “Per la durezza dei vostri cuori Mosè vi concesse di divorziare dalle vostre mogli, ma non è stato così dal principio.”. Con la risposta “Mose vi concesse” si intendeva ovviamente Dio, “vi concesse”. Ma come, Dio si adegua ai tempi, addirittura scende a patti con persone dure di cuore su una questione di principio che lui non vedeva così? Ciò che ha detto ieri, va letto con attenzione, perché potrebbe non essere più valido oggi?

Solo i principi di base (come le lezioni in una favola) possiamo attenderci restino immutati.
In Giovanni 5:39 leggiamo che Gesù disse ad alcuni: “Voi scrutate le Scritture, perché pensate di avere per mezzo d’esse vita eterna; e queste sono quelle che rendono testimonianza di me”. Gesù non stava dissuadendo chi voleva leggere e studiare le Scritture. Stava evidenziano un approccio sbagliato alla lettura e allo studio, alcuni dei suoi contemporanei avevano prestabilito un fine e trattavano le scritture come un “attrezzo” per raggiungerlo. Avrebbero dovuto, con apertura mentale ed umiltà, lasciare che fossero le scritture a determinare il fine da raggiungere. Erano talmente ottusi che sfuggiva loro un elemento fondamentale, le scritture parlavano di lui, ma erano troppo occupati a leggerci altro.  Aspetto finale: la TG del w03 1/1 pp. 27-28 richiamava alla nostra responsabilità di maneggiare rettamente la Parola di Dio capendola bene e spiegandola onestamente e accuratamente. Questo esclude che si possa prendere un versetto qua e un versetto là, quando dal contesto è evidente che le persone, le circostanze e gli obiettivi di certe espressioni non sono strettamente collegate tra loro. Ne che ci si possa attaccare a certe traduzioni al solo scopo di avvalorare quello che abbiamo deciso di credere. Per essere onesti ed accurati non possiamo fare come Cappuccetto Rosso, allontanarci dalla strada maestra per cogliere solo i fiori che ci piacciono.

Sarebbe il caso che trattassimo la Bibbia non come strumento ma come uno spartito, per leggere le sue melodie, non le nostre.

Post di Gamma